DISCORSO DEL SANTO PADRE IN OCCASIONE DELL'UDIENZA AVUTA DALLA
CONFERENZA MONDIALE DEGLI ISTITUTI SECOLARI (CMIS)

Sala del Concistoro
Giovedì, 25 agosto 2022

___________________________________

Cari fratelli e sorelle,

sono lieto di accogliervi in occasione dell’Assemblea Generale della Conferenza Mondiale degli Istituti Secolari (CMIS). Vi saluto con affetto e ringrazio la Presidente per le sue parole. Desidero offrirvi alcune riflessioni per aiutarvi a considerare la peculiarità della vocazione a voi donata, perché il vostro carisma diventi più incisivo nel tempo che viviamo.

Il termine secolarità, che non equivale pienamente a quello di laicità, è il cuore della vostra vocazione che manifesta la natura secolare della Chiesa, popolo di Dio, in cammino tra i popoli e con i popoli. È la Chiesa in uscita, non lontana, non separata dal mondo, ma immersa nel mondo e nella storia per esserne sale e luce, germe di unità, di speranza e di salvezza. La vostra peculiare missione vi porta ad essere in mezzo alla gente, per conoscere e comprendere quello che passa nel cuore degli uomini e donne di oggi, per gioire insieme e per patire insieme, con lo stile della vicinanza, che è lo stile di Dio: la vicinanza.

Questo è anche lo stile di Dio, che ha mostrato la sua vicinanza e il suo amore all’umanità nascendo da donna. È il mistero dell’incarnazione, origine di quella relazione che ci costituisce fratelli con ogni creatura e che continuamente chiede di essere contemplato, per scorgere e per promuovere quel bene che Dio ha pronunciato sulle diverse realtà e che neppure il peccato, pur offuscandolo, è stato in grado di distruggere completamente.

Il carisma che avete ricevuto vi impegna, singolarmente e come comunità, a coniugare la contemplazione con quella partecipazione che vi consente di condividere le ansie e le attese dell’umanità, cogliendone le domande per illuminarle con la luce del Vangelo. Siete chiamati a vivere tutta la precarietà del provvisorio e tutta la bellezza dell’assoluto nella vita ordinaria, per le strade dove camminano gli uomini, dove più forte è la fatica e il dolore, dove i diritti sono disattesi, dove la guerra divide i popoli, dove viene negata la dignità. È lì, come Gesù ci ha mostrato, che Dio continua a farci dono della sua salvezza. E voi siete lì, siete chiamati a essere lì, per testimoniare la bontà e la tenerezza di Dio con quotidiani gesti d’amore.

Ma dove trovare la forza per porsi con generosità al servizio degli altri? Dove trovare il coraggio di scelte anche audaci che spingano ad una testimonianza? Questa forza e questo coraggio li trovate nella preghiera e nella contemplazione silenziosa del Cristo. L’incontro orante con Gesù vi riempie il cuore della sua pace e del suo amore, che potrete donare agli altri. L’assidua ricerca di Dio, la familiarità con la Sacra Scrittura e la partecipazione ai sacramenti, sono la chiave della fecondità della vostra opera.

La vostra è una vocazione di frontiera, a volte custodita nella discrezione del riserbo. In più occasioni avete rimarcato che non sempre siete conosciuti e riconosciuti dai pastori e questa mancanza di stima vi ha portato forse a ritirarvi, a sottrarvi al dialogo, e questo non va bene. Eppure la vostra è una vocazione che apre strade, di frontiera, per non rimanere fermi: apre strade. Penso ai contesti ecclesiali bloccati dal clericalismo – che è una perversione –, dove la vostra vocazione dice la bellezza di una secolarità benedetta aprendo la Chiesa alla vicinanza ad ogni uomo e donna. Penso alle società dove i diritti della donna vengono negati e dove voi, come è successo anche in Italia con la beata Armida Barelli, avete la forza per cambiare le cose promuovendone la dignità. Penso a quei luoghi, che sono tanti, nella politica, nella società, nella cultura, in cui si rinuncia a pensare, ci si uniforma alla corrente dominante o al proprio comodo, mentre voi siete chiamati a ricordare che il destino di ogni uomo è legato a quello degli altri. Non c’è un destino solitario.

Cari amici e care amiche, non stancatevi di mostrare il volto di una Chiesa che ha bisogno di riscoprirsi in cammino con tutti, di accogliere il mondo con tutte le sue fatiche e bellezze. La Chiesa non è un laboratorio per tranquillizzarsi e riposare. La Chiesa è una missione. Solo insieme possiamo camminare come popolo di Dio, come cercatori di senso con tutti gli uomini e le donne di questo tempo, custodi della gioia di una misericordia fatta carne nella nostra vita. Questo percorso richiede di scardinare consuetudini che non parlano più a nessuno, di rompere schemi che imbrigliano l’annuncio, suggerendo parole incarnate, capaci di raggiungere la vita delle persone perché nutrite della loro vita e non di idee astratte. Nessuno dà testimonianza con idee astratte. No. O tu evangelizzi con la tua vita, e questa è la testimonianza, o sei incapace di evangelizzare.

Vi incoraggio a rendere presente nella Chiesa la secolarità con mitezza, senza rivendicazioni ma con determinazione e con quell’autorità che viene dal servizio. Il vostro sia il servizio del seme, il servizio del lievito, il servizio nascosto e, al tempo stesso, evidente che sa morire dentro le vicende – anche ecclesiali – perché possano cambiare dal di dentro e portare frutti di bene. Ponetevi docilmente in ascolto dello Spirito Santo per capire come rendere sempre più efficace la vostra opera, anche percorrendo strade nuove che rendano visibile la ricchezza di cui siete portatori.

Al riguardo, è essenziale che i Pastori della Chiesa siano al vostro fianco per ascoltarvi e coinvolgervi in quel discernimento dei segni dei tempi che segna il passo della missione. Da parte mia, vi rinnovo la vicinanza e l’apprezzamento per il contributo e il respiro del mondo che portate nella Chiesa, con tutta la passione che vi abita. Non stancatevi di portare nel mondo l’annuncio di una vita nuova, di una fraternità universale e di una pace duratura, splendidi doni del Signore Risorto.

Invoco su di voi e sulle vostre attività la materna protezione della Vergine Maria e, mentre vi do la benedizione, vi chiedo di pregare per me. Fatelo di cuore! Grazie.

Francesco

 


Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana

 

Lettera del Santo Padre alla Presidente della
Conferenza Mondiale degli Istituti Secolari in occasione
del 75° anniversario della Costituzione Apostolica Provida Mater Ecclesia

 

Ricorre oggi il 75° anniversario della pubblicazione della Costituzione Apostolica Provida Mater Ecclesia, nella quale il mio predecessore Pio XII riconosceva la forma di testimonianza che, soprattutto a partire dai primi decenni dello scorso secolo, si andava diffondendo fra laici cattolici particolarmente impegnati. Un anno dopo, il 12 marzo 1948, con il Motu proprio Primo feliciter lo stesso Pontefice aggiungeva una chiave interpretativa importante: rispetto a Provida Mater, che vi indicava semplicemente come “Istituti”, il motu proprio aggiungeva che l’identità specifica del vostro carisma proviene dalla secolarità, definita «ragion d’essere» degli Istituti stessi (Primo feliciter, 5). Veniva così conferita piena legittimazione a questa forma vocazionale di consacrazione nel secolo. Come ho avuto modo di dirvi cinque anni fa, continuo a pensare che quel documento fu «in un certo senso rivoluzionario» (Messaggio ai partecipanti alla conferenza italiana degli Istituti Secolari, 23 ottobre 2017).

Cara Sorella, da Provida Mater sembrano passati più di 75 anni, se guardiamo ai cambiamenti avvenuti nella Chiesa e agli sviluppi di tanti movimenti ecclesiali e comunità con carismi simili al vostro. Ora so che state preparando con grande impegno la prossima Assemblea, che si terrà in agosto e della quale, se Dio vorrà, verrò volentieri a concludere i lavori. Ma vorrei già da ora ringraziarvi per il vostro servizio e per la vostra testimonianza. Desidero invitarvi, specialmente nei prossimi mesi, a invocare in modo particolare lo Spirito Santo perché rinnovi in ciascun membro degli Istituti Secolari la forza creativa e profetica che ne ha fatto un dono tanto grande alla Chiesa prima e dopo il Concilio Vaticano II.

Una grande sfida riguarda il rapporto tra secolarità e consacrazione, aspetti che siete chiamati a tenere insieme. A motivo della vostra consacrazione è facile infatti assimilarvi ai religiosi, ma vorrei che la vostra profezia iniziale, in particolare il carattere battesimale che connota gli Istituti secolari laicali, vi caratterizzi. Siate animati, cari membri degli Istituti Secolari laicali, dal desiderio di vivere una “laicità santa”, perché voi siete un’istituzione laicale. Siete uno dei carismi più antichi e di voi la Chiesa avrà sempre bisogno. Ma la vostra consacrazione non deve essere confusa con la vita religiosa. È il battesimo che costituisce la prima e più radicale forma di consacrazione.

Nel greco ecclesiale antico, si era soliti chiamare “santi” i fedeli battezzati. Sia il termine greco hagios che quello latino sanctus si riferiscono non tanto a ciò che è “buono” in se stesso, ma a “ciò che appartiene a Dio”. È in questo senso che san Paolo parla dei cristiani di Corinto come hagioi, nonostante i loro disordini e litigi, per indicare non qualche forma umana di perfezione, ma l’appartenenza a Cristo. Ora, con il battesimo apparteniamo a Lui. Siamo fondati in una comunione intramontabile con Dio e tra di noi. Questa unione irreversibile è la radice di ogni santità, ed è anche la forza per separarci a nostra volta dalla mondanità. È dunque il battesimo la sorgente di ogni forma di consacrazione.

D’altra parte, i voti sono il sigillo del vostro impegno per il Regno. Ed è proprio questa dedizione indivisa al Regno che vi permette di rivelare la vocazione originaria del mondo, il suo essere a servizio del cammino di santificazione dell’uomo. Lo specifico del carisma degli Istituti Secolari vi chiama ad essere radicali e al tempo stesso liberi e creativi per accogliere dallo Spirito Santo il modo più opportuno di vivere la testimonianza cristiana. Siete istituti, ma non istituzionalizzatevi mai!

La secolarità, vostro tratto distintivo, indica una precisa modalità evangelica di essere presenti nella Chiesa e nel mondo: come seme, lievito. A volte si è usata la parola “anonimi” per riferirsi ai membri degli Istituti Secolari. Preferisco dire che siete nascosti all’interno delle realtà, proprio come il seme nella terra e il lievito nella pasta. E di un seme o del lievito non si può dire che sono anonimi. Il seme è premessa di vita, il lievito è ingrediente essenziale perché il pane sia fragrante. Vi invito dunque ad approfondire il senso e il modo della vostra presenza nel mondo e a rinnovare nella vostra consacrazione la bellezza e il desiderio di partecipare alla trasfigurazione della realtà.

C’è un passo nuovo da compiere. In origine avete scelto di “uscire fuori dalle sacrestie” per portare Gesù nel mondo. Oggi il movimento di uscita deve essere completato da un impegno a rendere presente il mondo (non la mondanità!) nella Chiesa. Molte questioni esistenziali sono arrivate in ritardo sulle scrivanie dei vescovi e dei teologi. Voi avete vissuto in anticipo numerosi cambiamenti. Ma la vostra esperienza non ha ancora arricchito sufficientemente la Chiesa. Il movimento di profezia che vi interpella oggi è il passo successivo a quello che vi ha visti nascere. Ciò non vuol dire tornare in sacrestia, ma essere “antenne recettive, che trasmettono messaggi”. Volentieri lo ripeto: «siete come antenne pronte a cogliere i gemi di novità suscitati dallo Spirito Santo, e potete aiutare la comunità ecclesiale ad assumere questo sguardo di bene e trovare strade nuove e coraggiose per raggiungere tutti» (Discorso alla conferenza italiana degli Istituti Secolari, 10 maggio 2014).

Nell’enciclica Fratelli tutti ho ricordato che il degrado sociale ed ecologico in cui versa il mondo d’oggi (cfr cap. I) è anche conseguenza di una modalità impropria di vivere la religiosità (cfr cap. II). È quanto sottolinea il Signore attraverso la parabola del buon Samaritano, nella quale non denuncia la cattiveria dei briganti e del mondo, ma una certa mentalità religiosa autoreferenziale e chiusa, disincarnata e indifferente. Penso a voi come a un antidoto a questo. La secolarità consacrata è segno profetico che esorta a rivelare con la vita più che con le parole l’amore del Padre, a mostrarlo quotidianamente sulle strade del mondo. Oggi non è tanto il tempo dei discorsi persuasivi e convincenti; è soprattutto il tempo della testimonianza perché, mentre l’apologia divide, la bellezza della vita attira. Siate testimoni che attirano!

La secolarità consacrata è chiamata a tradurre in pratica le immagini evangeliche del lievito e del sale. Siate lievito di verità, di bontà e di bellezza, facendo fermentare la comunione con i fratelli e le sorelle che vi sono accanto, perché solo con la fraternità si sconfigge il virus dell’individualismo (cfr Fratelli tutti, 105). E siate sale che dà gusto, perché senza sapore, desiderio e stupore la vita resta insipida e le iniziative rimangono sterili. Vi aiuterà fare memoria di quanto la prossimità e la vicinanza siano state le vie della vostra credibilità, e di come la professionalità vi abbia conferito “evangelica autorità” negli ambienti lavorativi.

Cara Sorella, avete ricevuto il dono di una profezia che ha “anticipato” il Concilio Vaticano II, il quale ha accolto la ricchezza della vostra esperienza. San Paolo VI disse: «siete un’ala avanzata della Chiesa nel mondo» (Discorso al Congresso internazionale dei dirigenti degli Istituti Secolari, 20 settembre 1972). Vi chiedo oggi di rinnovare questo spirito di anticipazione del cammino della Chiesa, di essere sentinelle che guardano in Alto e in avanti, con la Parola di Dio nel cuore e l’amore per i fratelli e le sorelle nelle mani. Siete nel mondo per testimoniare che esso è amato e benedetto da Dio. Siete consacrati per il mondo, che attende la vostra testimonianza per accedere a una libertà che dà gioia, che nutre la speranza, che prepara il futuro. Per questo vi ringrazio e di cuore vi benedico, chiedendovi di continuare a pregare per me.

Roma, San Giovanni in Laterano, 2 febbraio 2022

FRANCESCO

 

Cari fratelli e sorelle!

In occasione del 70° anniversario della Costituzione apostolica Provida Mater Ecclesiae, la Conferenza Italiana degli Istituti Secolari, con il patrocino della Congregazione degli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, vi ha convocati sul tema “Oltre e in mezzo. Istituti secolari: storie di passione e profezia per Dio e per il mondo”. A tutti voi rivolgo il mio cordiale saluto, con l’augurio di un proficuo convegno.

Quel documento del Papa Pio XII fu in un certo senso rivoluzionario: infatti delineò una nuova forma di consacrazione: quella di fedeli laici e presbiteri diocesani chiamati a vivere i consigli evangelici nella secolarità in cui sono immersi in forza della condizione esistenziale o del ministero pastorale. La novità e la fecondità degli Istituti Secolari sta dunque nel coniugare consacrazione e secolarità, praticando un apostolato di testimonianza, di evangelizzazione – specialmente per i presbiteri – e di impegno cristiano nella vita sociale – specialmente per i laici, a cui si aggiunge la fraternità che, senza essere determinata da una comunità di vita, è tuttavia vera comunione.

Nel solco tracciato dalla Provida Mater, siete chiamati oggi ad essere umili e appassionati portatori, in Cristo e nel suo Spirito, del senso del mondo e della storia. La vostra passione nasce dallo stupore sempre nuovo per il Signore Gesù, per il suo modo unico di vivere e di amare, di incontrare la gente, di guarire la vita, di portare conforto. Perciò il vostro “stare dentro” il mondo non è solo una condizione sociologica ma una realtà teologica, che vi permette di essere attenti, di vedere, di ascoltare, di com-patire, di con-gioire, di intuire le necessità.

Questo vuol dire essere presenze profetiche in modo molto concreto. Significa portare nel mondo, nelle situazioni in cui ci si trova, la parola che si ascolta da Dio. E’ questo che caratterizza in senso proprio la laicità: saper dire quella parola che Dio ha da dire sul mondo. Dove “dire” non significa tanto parlare, quanto agire. Noi diciamo ciò che Dio vuole dire al mondo, agendo nel mondo. Questo è molto importante. Specialmente in un tempo come il nostro in cui, di fronte alle difficoltà, ci può essere la tentazione di isolarsi nei propri ambiti comodi e sicuri e ritirarsi dal mondo. Anche voi potreste cadere in questa tentazione. Ma il vostro posto è “stare dentro”, come presenza trasformante in senso evangelico. Certamente è difficile, è una strada che comporta la croce, ma il Signore vuole percorrerla con voi.

La vostra vocazione e missione è essere attenti, da una parte, alla realtà che vi circonda domandandovi sempre: che cosa succede?, non fermandovi a ciò che appare in superficie ma andando più a fondo; e, al tempo stesso, al mistero di Dio, per riconoscere dove Egli si sta manifestando. Attenti al mondo con il cuore immerso in Dio.

Vorrei infine suggerirvi alcuni atteggiamenti spirituali che vi possono aiutare in questo cammino e che si possono sintetizzare in cinque verbi: pregare, discernere, condividere, dare coraggio e avere simpatia.

Pregare per essere uniti a Dio, vicini al suo cuore. Ascoltare la sua voce di fronte ad ogni avvenimento della vita, vivendo un’esistenza luminosa che prende in mano il Vangelo e lo prende sul serio.

Discernere è saper distinguere le cose essenziali da quelle accessorie; è affinare quella sapienza, da coltivare giorno per giorno, che consente di vedere quali sono le responsabilità che è necessario assumere e quali i compiti prioritari. Si tratta di un percorso personale ma anche comunitario, per cui non basta lo sforzo individuale.

Condividere la sorte di ogni uomo e donna: anche se gli avvenimenti del mondo sono tragici e oscuri, non abbandono le sorti del mondo, perché lo amo, come e con Gesù, fino alla fine.

Dare coraggio: con la grazia di Cristo non perdere mai la fiducia, che sa vedere il bene in ogni cosa. E’ anche un invito che riceviamo in ogni celebrazione eucaristica: «In alto i nostri cuori».

Avere simpatia per il mondo e per la gente. Anche quando fanno di tutto per farcela perdere, essere animati dalla simpatia che ci viene dallo Spirito di Cristo, che ci rende liberi e appassionati, ci fa “stare dentro”, come il sale e il lievito.

Cari fratelli e sorelle, possiate essere nel mondo come l’anima nel corpo (cfr Lettera a Diogneto, VI, 1), testimoni della Risurrezione del Signore Gesù. Questo è il mio augurio per voi, che accompagno con la mia preghiera e la mia benedizione.

Dal Vaticano, 23 ottobre 2017

Francesco

Messaggio del Santo Padre

Carissimi confratelli nell’episcopato,

Siamo a celebrare i settant’anni della promulgazione della costituzione apostolica Provida Mater Ecclesia (2 febbraio 1947) e del Motu proprio Primo Feliciter (12 marzo 1948), occasione opportuna per ringraziare il Signore del dono di questa vocazione nella chiesa. Secondo questa speciale vocazione donne e uomini sono chiamati a vivere con passione le sfide del presente e ad abbracciare il futuro con speranza.

L’identità degli istituti secolari si è chiarita gradatamente nel tempo, attraverso il Magistero della chiesa con la Provida Mater Ecclesia, il Primo Feliciter, il codice di diritto canonico, il Magistero pontificio da Paolo Vi a papa Francesco. rimane di grande chiarezza e attualità il documento Gli Istituti Secolari: la loro identità e la loro missione, presentato da questo dicastero alla congregazione Plenaria (3-6 maggio 1983).

 

Altrettanto importante è quanto gli istituti secolari hanno compreso di se stessi attraverso la vita delle persone che ne hanno incarnato il carisma. Si tratta di un percorso complesso perché passa attraverso i modi concreti in cui la secolarità consacrata ha saputo interpretare il suo essere presente, e quindi la sua missione, nel mondo e nella chiesa. Un percorso che continua, perché strettamente legato al divenire della chiesa e del mondo.

Presentiamo questa ricchezza, oggetto della nostra riflessione, perché sia condivisa e diventi con il vostro ministero di Pastori patrimonio di tutta la comunità credente.

 

Ai partecipante all'incontro promosso dalla Conferenza Italiana degli Istituti Secolari

Udienza del Santo Padre Francesco
Sabato, 10 maggio 2014

 

Parole pronunciate a braccio dal Santo Padre:

Io ho scritto un discorso per voi, ma oggi è accaduto qualcosa. È colpa mia perché ho dato due udienze non dico nello stesso tempo, ma quasi. Per questo ho preferito consegnarvi il discorso, perché leggerlo è noioso, e dirvi due o tre cosette che forse vi aiuteranno.

Dal tempo in cui Pio XII ha pensato questo, e poi la Provida Mater Ecclesia, è stato un gesto rivoluzionario nella Chiesa. Gli istituti secolari sono proprio un gesto di coraggio che ha fatto la Chiesa in quel momento; dare struttura, dare istituzionalità agli istituti secolari. E da quel tempo fino ad ora è tanto grande il bene che voi fate nella Chiesa, con coraggio perché c’è bisogno di coraggio per vivere nel mondo. Tanti di voi soli, nel vostro appartamento vanno, vengono; alcuni in piccole comunità. Tutti i giorni, fare la vita di una persona che vive nel mondo, e nello stesso tempo custodire la contemplazione, questa dimensione contemplativa verso il Signore e anche nei confronti del mondo, contemplare la realtà, come contemplare le bellezze del mondo, e anche i grossi peccati della società, le deviazioni, tutte queste cose, e sempre in tensione spirituale… Per questo la vostra vocazione è affascinante, perché è una vocazione che è proprio lì, dove si gioca la salvezza non solo delle persone, ma delle istituzioni. E di tante istituzioni laiche necessarie nel mondo. Per questo io penso così, che con la Provida Mater Ecclesia la Chiesa ha fatto un gesto davvero rivoluzionario!

Vi auguro di conservare sempre questo atteggiamento di andare oltre, non solo oltre, ma oltre e in mezzo, lì dove si gioca tutto: la politica, l’economia, l’educazione, la famiglia… lì! Forse è possibile che voi abbiate la tentazione di pensare: “Ma cosa posso fare io?”. Quando viene questa tentazione ricordate che il Signore ci ha parlato del seme del grano! E la vostra vita è come il seme del grano… lì; è come lievito… lì. È fare tutto il possibile perché il Regno venga, cresca e sia grande e anche che custodisca tanta gente, come l’albero della senape. Pensate a questo. Piccola vita, piccolo gesto; vita normale, ma lievito, seme, che fa crescere. E questo vi dà la consolazione. I risultati in questo bilancio sul Regno di Dio non si vedono. Soltanto il Signore ci fa percepire qualcosa... Vedremo i risultati lassù.

E per questo è importante che voi abbiate tanta speranza! È una grazia che voi dovete chiedere al Signore, sempre: la speranza che mai delude. Mai delude! Una speranza che va avanti. Io vi consiglierei di leggere molto spesso il capitolo 11 della Lettera agli Ebrei, quel capitolo della speranza. E imparare che tanti nostri padri hanno fatto questo cammino e non hanno visto i risultati, ma li hanno salutati da lontano. La speranza… Questo è quello che vi auguro. Grazie tante per quello che fate nella Chiesa; grazie tante per la preghiera e per le azioni. Grazie per la speranza. E non dimenticate: siate rivoluzionari!

* * *

Discorso preparato dal Santo Padre:

Cari fratelli e sorelle,

vi accolgo in occasione della vostra Assemblea e vi saluto dicendovi: conosco e apprezzo la vostra vocazione! Essa è una delle forme più recenti di vita consacrata riconosciute e approvate dalla Chiesa, e forse per questo non è ancora pienamente compresa. Non scoraggiatevi: voi fate parte di quella Chiesa povera e in uscita che sogno!

Per vocazione siete laici e sacerdoti come gli altri e in mezzo agli altri, conducete una vita ordinaria, priva di segni esteriori, senza il sostegno di una vita comunitaria, senza la visibilità di un apostolato organizzato o di opere specifiche. Siete ricchi solo dell’esperienza totalizzante dell’amore di Dio e per questo siete capaci di conoscere e condividere la fatica della vita nelle sue molteplici espressioni, fermentandole con la luce e la forza del Vangelo.

Siete segno di quella Chiesa dialogante di cui parla Paolo VI nell’Enciclica Ecclesiam suam: «Non si salva il mondo dal di fuori – afferma –; occorre, come il Verbo di Dio che si è fatto uomo, immedesimarsi, in certa misura, nelle forme di vita di coloro a cui si vuole portare il messaggio di Cristo, occorre condividere, senza porre distanza di privilegi, o diaframma di linguaggio incomprensibile, il costume comune, purché umano ed onesto, quello dei più piccoli specialmente, se si vuole essere ascoltati e compresi. Bisogna, ancor prima di parlare, ascoltare la voce, anzi il cuore dell’uomo; comprenderlo, e per quanto possibile rispettarlo e dove lo merita assecondarlo. Bisogna farsi fratelli degli uomini nell’atto stesso che vogliamo essere loro pastori e padri e maestri. Il clima del dialogo è l’amicizia. Anzi il servizio» (n. 90).

Il tema della vostra Assemblea, “Nel cuore delle vicende umane: le sfide di una società complessa”, indica il campo della vostra missione e della vostra profezia. Siete nel mondo ma non del mondo, portando dentro di voi l’essenziale del messaggio cristiano: l’amore del Padre che salva. Siete nel cuore del mondo col cuore di Dio.

La vostra vocazione vi rende interessati ad ogni uomo e alle sue istanze più profonde, che spesso restano inespresse o mascherate. In forza dell’amore di Dio che avete incontrato e conosciuto, siete capaci di vicinanza e tenerezza. Così potete essere tanto vicini da toccare l’altro, le sue ferite e le sue attese, le sue domande e i suoi bisogni, con quella tenerezza che è espressione di una cura che cancella ogni distanza. Come il Samaritano che passò accanto e vide e ebbe compassione. E’ qui il movimento a cui vi impegna la vostra vocazione: passare accanto ad ogni uomo e farvi prossimo di ogni persona che incontrate; perché il vostro permanere nel mondo non è semplicemente una condizione sociologica, ma è una realtà teologale che vi chiama ad uno stare consapevole, attento, che sa scorgere, vedere e toccare la carne del fratello.

Se questo non accade, se siete diventati distratti, o peggio ancora non conoscete questo mondo contemporaneo ma conoscete e frequentate solo il mondo che vi fa più comodo o che più vi alletta, allora è urgente una conversione!La vostra è una vocazione per sua natura in uscita, non solo perché vi porta verso l’altro, ma anche e soprattutto perché vi chiede di abitare là dove abita ogni uomo.

L’Italia è la nazione con il maggior numero di Istituti secolari e di membri. Siete un lievito che può produrre un pane buono per tanti, quel pane di cui c’è tanta fame: l’ascolto dei bisogni, dei desideri, delle delusioni, della speranza. Come chi vi ha preceduto nella vostra vocazione, potete ridare speranza ai giovani, aiutare gli anziani, aprire strade verso il futuro, diffondere l’amore in ogni luogo e in ogni situazione. Se questo non accade, se la vostra vita ordinaria manca di testimonianza e di profezia, allora, torno a ripetervi, è urgente una conversione!

Non perdete mai lo slancio di camminare per le strade del mondo, la consapevolezza che camminare, andare anche con passo incerto o zoppicando, è sempre meglio che stare fermi, chiusi nelle proprie domande o nelle proprie sicurezze. La passione missionaria, la gioia dell’incontro con Cristo che vi spinge a condividere con gli altri la bellezza della fede, allontana il rischio di restare bloccati nell’individualismo. Il pensiero che propone l’uomo come artefice di se stesso, guidato solo dalle proprie scelte e dai propri desideri, spesso rivestiti con l’abito apparentemente bello della libertà e del rispetto, rischia di minare i fondamenti della vita consacrata, specialmente di quella secolare. E’ urgente rivalutare il senso di appartenenza alla vostra comunità vocazionale che, proprio perché non si fonda su una vita comune, trova i suoi punti di forza nel carisma. Per questo, se ognuno di voi è per gli altri una possibilità preziosa di incontro con Dio, si tratta di riscoprire la responsabilità di essere profezia come comunità, di ricercare insieme, con umiltà e con pazienza, una parola di senso che può essere un dono per il Paese e per la Chiesa, e di testimoniarla con semplicità. Voi siete come antenne pronte a cogliere i germi di novità suscitati dallo Spirito Santo, e potete aiutare la comunità ecclesiale ad assumere questo sguardo di bene e trovare strade nuove e coraggiose per raggiungere tutti.

Poveri tra i poveri, ma con il cuore ardente. Mai fermi, sempre in cammino. Insieme ed inviati, anche quando siete soli, perché la consacrazione fa di voi una scintilla viva di Chiesa. Sempre in cammino con quella virtù che è una virtù pellegrina: la gioia!

Grazie, carissimi, di quello che siete. Il Signore vi benedica e la Madonna vi protegga. E pregate per me!

 

Carissimi fratelli e sorelle,

Risuona nei nostri cuori l’eco della cele- brazione dell’Anno della vita consacrata, con l’invito costante rivolto a noi da Papa Francesco: svegliate il mondo, seguite il Signore in modo profetico, siate annunciatori della gioia del Vangelo. Nelle sue esortazioni, noi risentiamo viva l’affermazione di San Giovanni Paolo II: « La Chiesa ha bisogno dell’apporto spirituale e apostolico di una vita consacrata rinnovata e rinvigorita ».

Molteplici sono anche le risonanze positive che giungono a questo Dicastero in relazione alle esperienze vissute in Roma da consacrati e consacrate provenienti da ogni Continente nel corso di questo Anno di grazia per la Chiesa: le veglie di preghiera con le quali abbiamo dato inizio a tutte le convocazioni; le celebrazioni eucaristiche con cui abbiamo concluso ciascuna di esse; l’incontro ecumenico di consacrati delle diverse Chiese; l’incontro dei formatori e delle formatrici; l’incontro per giovani consacrati; il tempo speciale che ha convocato in comunio- ne tutte le forme di vita consacrata. Il Santo Padre Francesco ha accompagnato ogni avve- nimento con un dialogo familiare e fraterno, indicando gli orizzonti ampi e il carattere profe- tico di una vita vissuta nella forma del Vangelo nella Chiesa.

Carissimi fratelli e sorelle,

L’Anno della vita consacrata – cammino prezioso e benedetto – ha varcato il suo Zenit, mentre le voci di consacrati e consacrate da ogni parte del mondo esprimono la gioia della vocazione e la fedeltà alla loro identità nella Chiesa, testimoniata a volte fino al martirio.

Le due lettere Rallegratevi e Scrutate hanno avviato un cammino di riflessione corale, seria e significativa, che ha posto domande esistenziali alla nostra vita personale e di Istituto. Conviene ora continuare la nostra riflessione a più voci, fissando lo sguardo al cuore della nostra vita di sequela.

Portare lo sguardo nel profondo del nostro vivere, chiedere ragione del nostro pellegrinare alla ricerca di Dio, interrogare la dimensione contemplativa dei nostri giorni, per riconoscere il mistero di grazia che ci sostanzia, ci appassiona, ci trasfigura.

Papa Francesco ci chiama con sollecitudine a rivolgere lo sguardo della nostra vita su Gesù, ma anche a lasciarci guardare da Lui per «riscoprire ogni giorno che siamo depositari di un bene che umanizza, che aiuta a condurre una vita nuova ».

Carissimi fratelli e sorelle,

1. Continuiamo nella gioia il cammino verso l’Anno della vita consacrata affinché i nostri passi– siano già tempo di conversione e di grazia. Con la parola e la vita Papa Francesco continua ad indicare il gaudio dell’annuncio e la fecondità di una vita vissuta nella forma del Vangelo, mentre ci invita a procedere, ad essere «Chiesa in uscita», secondo una logica di libertà.

Ci sollecita a lasciare alle nostre spalle «una Chiesa mondana sotto drappeggi spirituali o pastorali» per respirare «l’aria pura dello Spirito Santo, che ci libera dal rimanere centrati in noi stessi, nascosti in un’apparenza religiosa vuota di Dio. Non lasciamoci rubare il Vangelo! ».

La vita consacrata è segno dei beni futuri nella città umana, in esodo lungo i sentieri della storia. Accetta di misurarsi con certezze provvisorie, con situazioni nuove, con provocazioni in processo continuo, con istanze e passioni gridate dall’umanità contemporanea. In tale vigile pellegrinare essa custodisce la ricerca del volto di Dio, vive la sequela di Cristo, si lascia guidare dallo Spirito, per vivere l’amore per il Regno con fedeltà creativa e alacre operosità. L’identità di pellegrina e orante in limine historiae le appartiene intimamente.

Questa lettera desidera consegnare a tutti i consacrati e le consacrate tale preziosa eredità, esortandoli a restare, con cuore risoluto, fedeli al Signore (cf At 11,23) e a proseguire in questo cammino di grazia. Vogliamo leggere insieme in sintesi i passi compiuti negli ultimi cinquant’anni. In questa memoria il Concilio Vaticano II emerge come evento di rilevanza assoluta per il rinnovamento della vita consacrata. Risuona per noi l'invito del Signore: Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi sui sentieri del passato, dove sta la strada buona percorretela, così troverete pace per la vostra vita (Ger 6,16).

In questa statio ciascuno può riconoscere sia i semi di vita che, messi a dimora in cuore buono e generoso (Lc 8,15), sono venuti a fecondità, sia quelli che caduti lungo la strada, sulla pietra o fra i rovi non hanno dato frutto (cf Lc 8, 12-14).

Si apre la possibilità di proseguire il cammino con coraggio e vigilanza per osare scelte che onorino il carattere profetico della nostra identità, «speciale forma di partecipazione alla funzione profetica di Cristo, comunicata dallo Spirito a tutto il popolo di Dio» , affinché sia manifestata nell’oggi «la preminente grandezza della grazia vittoriosa di Cristo e l'infinita potenza dello Spirito Santo che opera nella Chiesa».

Scrutare gli orizzonti della nostra vita e del nostro tempo in vigile veglia. Scrutare nella notte per riconoscere il fuoco che illumina e guida, scrutare il cielo per riconoscere i segni forieri di benedizioni per le nostre aridità. Vegliare vigilanti e intercedere, saldi nella fede.

Corre il tempo di dare ragione allo Spirito che crea: «Nella nostra vita personale, nella vita privata – ricorda Papa Francesco - lo Spirito ci spinge a prendere una strada più evangelica. Non opporre resistenza allo Spirito Santo: è questa la grazia che io vorrei che tutti noi chiedessimo al Signore; la docilità allo Spirito Santo, a quello Spirito che viene da noi e ci fa andare avanti nella strada della santità, quella santità tanto bella della Chiesa. La grazia della docilità allo Spirito Santo».

Questa lettera trova le sue ragioni nella memoria della grazia copiosa vissuta dai consacrati e dalle consacrate nella Chiesa, mentre con franchezza invita al discernere. Il Signore è vivente e operante nella nostra storia, e ci chiama alla collaborazione e al discernimento corale, per nuove stagioni di profezia al servizio della chiesa, in vista del Regno che viene.

Rivestiamoci delle armi della luce, della libertà, del coraggio del Vangelo per scrutare l’orizzonte, riconoscervi i segni di Dio e obbedirgli. Con opzioni evangeliche osate nello stile dell’umile e del piccolo.

 

Carissimi fratelli e sorelle,

«La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia».[1]

L’incipit dell’Evangelii gaudium nel tessuto del magistero di papa Francesco suona con vitalità sorprendente, chiamando al mirabile mistero della Buona Novella che, accolta nel cuore della persona, ne trasforma la vita. Ci viene raccontata la parabola della gioia: l’incontro con Gesù accende in noi l’originaria bellezza, quella del volto su cui splende la gloria del Padre (cfr 2 Cor 4,6), nel frutto della letizia.

Questa Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e per le Società di vita apostolica invita a riflettere sul tempo di grazia che ci è dato di vivere, sull’invito speciale che il Papa rivolge alla vita consacrata.

Accogliere tale magistero, significa rinnovare l’esistenza secondo il Vangelo, non nella modalità di radicalità intesa come modello di perfezione e spesso di separatezza, ma nell’adesione toto corde all’evento dell’incontro di salvezza che trasforma la vita: «Si tratta di lasciare tutto per seguire il Signore. No, non voglio dire radicale. La radicalità evangelica non è solamente dei religiosi: è richiesta a tutti. Ma i religiosi seguono il Signore in maniera speciale, in modo profetico. Io mi attendo da voi questa testimonianza. I religiosi devono essere uomini e donne capaci di svegliare il mondo».[2]

Nella finitudine umana, nel limite, nell’affanno quotidiano i consacrati e le consacrate vivono la fedeltà, dando ragione della gioia che li abita, diventano splendida testimonianza, efficace annuncio, compagnia e vicinanza per donne e uomini che con loro abitano la storia e cercano la Chiesa come casa paterna.[3] Francesco d’Assisi, assumendo il Vangelo come forma di vita «ha fatto crescere la fede, ha rinnovato la Chiesa; e nello stesso tempo ha rinnovato la società, l’ha resa più fraterna, ma sempre col Vangelo, con la testimonianza. Predicate sempre il Vangelo e se fosse necessario, anche con le parole!».[4]

Numerose sono le suggestioni che ci vengono dall’ascolto delle parole del Papa, ma particolarmente c’interpella l’assoluta semplicità con cui papa Francesco propone il suo magistero, conformandosi alla genuinità disarmante del Vangelo. Parola sine glossa, sparsa con il largo gesto del buon seminatore che fiduciosonon fa discriminazioni di terreno.

Un invito autorevole rivolto a noi con la lievità della fiducia, un invito ad azzerare le argomentazioni istituzionali e le personali giustificazioni, una parola provocativa che giunge a interrogare il nostro vivere a volte intorpidito e sonnolento, vissuto spesso al margine della sfida se aveste fede quanto un granello di senapa

(Lc 17, 5). Un invito che ci incoraggia a muovere lo spirito per dare ragione al Verbo che dimora tra noi, allo Spirito che crea e che costantemente rinnova la sua Chiesa.

Questa Lettera trova le sue ragioni in tale invito e intende iniziare una riflessione condivisa, mentre si offre come semplice mezzo per un leale confronto fra Vangelo e Vita. Questo Dicastero introduce così un itinerario comune, luogo di riflessione personale, fraterna, d’istituto, in cammino verso il 2015, anno che la Chiesa dedica alla vita consacrata. Con il desiderio e l’intento di osare decisioni evangeliche con frutti di rinascita, fecondi nella gioia: «Il primato di Dio è per l'esistenza umana pienezza di significato e di gioia, perché l'uomo è fatto per Dio ed è inquieto finché in Lui non trova pace».[5]

Lettera Apostolica del Santo Padre Francesco a tutti i consacrati in occasione dell'Anno della Vita Consacrata

"Svegliate il mondo!"

 

 

Carissime consacrate e carissimi consacrati!

Scrivo a voi come Successore di Pietro, a cui il Signore Gesù affidò il compito di confermare nella fede i fratelli (cfr Lc 22,32), e scrivo a voi come fratello vostro, consacrato a Dio come voi.

Ringraziamo insieme il Padre, che ci ha chiamati a seguire Gesù nell’adesione piena al suo Vangelo e nel servizio della Chiesa, e ha riversato nei nostri cuori lo Spirito Santo che ci dà gioia e ci fa rendere testimonianza al mondo intero del suo amore e della sua misericordia.

Facendomi eco del sentire di molti di voi e della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, in occasione del 50° anniversario della Costituzione dogmatica Lumen gentium sulla Chiesa, che nel cap. VI tratta dei religiosi, come pure del Decreto Perfectae caritatis sul rinnovamento della vita religiosa, ho deciso di indire un Anno della Vita Consacrata. Avrà inizio il 30 novembre corrente, I Domenica di Avvento, e terminerà con la festa della Presentazione di Gesù al tempio il 2 febbraio 2016.

Dopo aver ascoltato la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, ho indicato come obiettivi per questo Anno gli stessi che san Giovanni Paolo II aveva proposto alla Chiesa all'inizio del terzo millennio, riprendendo, in certo modo, quanto aveva già indicato nell’Esortazione post-sinodale Vita consecrata: «Voi non avete solo una gloriosa storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire! Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi» (n. 110).


I – Gli obiettivi per l’Anno della Vita Consacrata

1. Il primo obiettivo è guardare il passato con gratitudine. Ogni nostro Istituto viene da una ricca storia carismatica. Alle sue origini è presente l’azione di Dio che, nel suo Spirito, chiama alcune persone alla sequela ravvicinata di Cristo, a tradurre il Vangelo in una particolare forma di vita, a leggere con gli occhi della fede i segni dei tempi, a rispondere con creatività alle necessità della Chiesa. L’esperienza degli inizi è poi cresciuta e si è sviluppata, coinvolgendo altri membri in nuovi contesti geografici e culturali, dando vita a modi nuovi di attuare il carisma, a nuove iniziative ed espressioni di carità apostolica. È come il seme che diventa albero espandendo i suoi rami.

In questo Anno sarà opportuno che ogni famiglia carismatica ricordi i suoi inizi e il suo sviluppo storico, per ringraziare Dio che ha offerto alla Chiesa così tanti doni che la rendono bella e attrezzata per ogni opera buona (cfr Lumen gentium, 12).

Raccontare la propria storia è indispensabile per tenere viva l’identità, così come per rinsaldare l’unità della famiglia e il senso di appartenenza dei suoi membri. Non si tratta di fare dell’archeologia o di coltivare inutili nostalgie, quanto piuttosto di ripercorrere il cammino delle generazioni passate per cogliere in esso la scintilla ispiratrice, le idealità, i progetti, i valori che le hanno mosse, a iniziare dai Fondatori, dalle Fondatrici e dalle prime comunità. È un modo anche per prendere coscienza di come è stato vissuto il carisma lungo la storia, quale creatività ha sprigionato, quali difficoltà ha dovuto affrontare e come sono state superate. Si potranno scoprire incoerenze, frutto delle debolezze umane, a volte forse anche l’oblio di alcuni aspetti essenziali del carisma. Tutto è istruttivo e insieme diventa appello alla conversione. Narrare la propria storia è rendere lode a Dio e ringraziarlo per tutti i suoi doni.

Lo ringraziamo in modo particolare per questi ultimi 50 anni seguiti al Concilio Vaticano II, che ha rappresentato una "ventata" di Spirito Santo per tutta la Chiesa. Grazie ad esso la vita consacrata ha attuato un fecondo cammino di rinnovamento che, con le sue luci e le sue ombre, è stato un tempo di grazia, segnato dalla presenza dello Spirito.

Sia quest’Anno della Vita Consacrata un’occasione anche per confessare con umiltà, e insieme con grande confidenza in Dio Amore (cfr 1 Gv 4,8), la propria fragilità e per viverla come esperienza dell’amore misericordioso del Signore; un’occasione per gridare al mondo con forza e per testimoniare con gioia la santità e la vitalità presenti nella gran parte di coloro che sono stati chiamati a seguire Cristo nella vita consacrata.

2. Quest’Anno ci chiama inoltre a vivere il presente con passione. La grata memoria del passato ci spinge, in ascolto attento di ciò che oggi lo Spirito dice alla Chiesa, ad attuare in maniera sempre più profonda gli aspetti costitutivi della nostra vita consacrata.

Dagli inizi del primo monachesimo, fino alle odierne "nuove comunità", ogni forma di vita consacrata è nata dalla chiamata dello Spirito a seguire Cristo come viene insegnato dal Vangelo (cfr Perfectae caritatis, 2). Per i Fondatori e le Fondatrici la regola in assoluto è stata il Vangelo, ogni altra regola voleva essere soltanto espressione del Vangelo e strumento per viverlo in pienezza. Il loro ideale era Cristo, aderire a lui interamente, fino a poter dire con Paolo: «Per me il vivere è Cristo» (Fil 1,21); i voti avevano senso soltanto per attuare questo loro appassionato amore.

La domanda che siamo chiamati a rivolgerci in questo Anno è se e come anche noi ci lasciamo interpellare dal Vangelo; se esso è davvero il "vademecum" per la vita di ogni giorno e per le scelte che siamo chiamati ad operare. Esso è esigente e domanda di essere vissuto con radicalità e sincerità. Non basta leggerlo (eppure lettura e studio rimangono di estrema importanza), non basta meditarlo (e lo facciamo con gioia ogni giorno). Gesù ci chiede di attuarlo, di vivere le sue parole.

Gesù, dobbiamo domandarci ancora, è davvero il primo e l’unico amore, come ci siamo prefissi quando abbiamo professato i nostri voti? Soltanto se è tale, possiamo e dobbiamo amare nella verità e nella misericordia ogni persona che incontriamo sul nostro cammino, perché avremo appreso da Lui che cos’è l’amore e come amare: sapremo amare perché avremo il suo stesso cuore.

I nostri Fondatori e Fondatrici hanno sentito in sé la compassione che prendeva Gesù quando vedeva le folle come pecore sbandate senza pastore. Come Gesù, mosso da questa compassione, ha donato la sua parola, ha sanato gli ammalati, ha dato il pane da mangiare, ha offerto la sua stessa vita, così anche i Fondatori si sono posti al servizio dell’umanità a cui lo Spirito li mandava, nei modi più diversi: l’intercessione, la predicazione del Vangelo, la catechesi, l’istruzione, il servizio ai poveri, agli ammalati… La fantasia della carità non ha conosciuto limiti e ha saputo aprire innumerevoli strade per portare il soffio del Vangelo nelle culture e nei più diversi ambiti sociali.

L’Anno della Vita Consacrata ci interroga sulla fedeltà alla missione che ci è stata affidata. I nostri ministeri, le nostre opere, le nostre presenze, rispondono a quanto lo Spirito ha chiesto ai nostri Fondatori, sono adeguati a perseguirne le finalità nella società e nella Chiesa di oggi? C’è qualcosa che dobbiamo cambiare? Abbiamo la stessa passione per la nostra gente, siamo ad essa vicini fino a condividerne le gioie e i dolori, così da comprendere veramente le necessità e poter offrire il nostro contributo per rispondervi? «La stessa generosità e abnegazione che spinsero i Fondatori – chiedeva già san Giovanni Paolo II – devono muovere voi, loro figli spirituali, a mantenere vivi i carismi che, con la stessa forza dello Spirito che li ha suscitati, continuano ad arricchirsi e ad adattarsi, senza perdere il loro carattere genuino, per porsi al servizio della Chiesa e portare a pienezza l’instaurazione del suo Regno»1.

Nel fare memoria delle origini viene in luce una ulteriore componente del progetto di vita consacrata. Fondatori e fondatrici erano affascinati dall’unità dei Dodici attorno a Gesù, dalla comunione che contraddistingueva la prima comunità di Gerusalemme. Dando vita alla propria comunità ognuno di loro ha inteso riprodurre quei modelli evangelici, essere con un cuore solo e un’anima sola, godere della presenza del Signore (cfr Perfectae caritatis,15).

Vivere il presente con passione significa diventare "esperti di comunione", «testimoni e artefici di quel "progetto di comunione" che sta al vertice della storia dell’uomo secondo Dio»2. In una società dello scontro, della difficile convivenza tra culture diverse, della sopraffazione sui più deboli, delle disuguaglianze, siamo chiamati ad offrire un modello concreto di comunità che, attraverso il riconoscimento della dignità di ogni persona e della condivisione del dono di cui ognuno è portatore, permetta di vivere rapporti fraterni.

Siate dunque donne e uomini di comunione, rendetevi presenti con coraggio là dove vi sono differenze e tensioni, e siate segno credibile della presenza dello Spirito che infonde nei cuori la passione perché tutti siano una sola cosa (cfr Gv 17,21). Vivete la mistica dell’incontro: «la capacità di sentire, di ascolto delle altre persone. La capacità di cercare insieme la strada, il metodo»3, lasciandovi illuminare dalla relazione di amore che passa fra le tre Divine Persone (cfr 1 Gv 4,8) quale modello di ogni rapporto interpersonale.

3. Abbracciare il futuro con speranza vuol essere il terzo obiettivo di questo Anno. Conosciamo le difficoltà cui va incontro la vita consacrata nelle sue varie forme: la diminuzione delle vocazioni e l’invecchiamento, soprattutto nel mondo occidentale, i problemi economici a seguito della grave crisi finanziaria mondiale, le sfide dell’internazionalità e della globalizzazione, le insidie del relativismo, l’emarginazione e l’irrilevanza sociale... Proprio in queste incertezze, che condividiamo con tanti nostri contemporanei, si attua la nostra speranza, frutto della fede nel Signore della storia che continua a ripeterci: «Non aver paura ... perché io sono con te» (Ger 1,8).

La speranza di cui parliamo non si fonda sui numeri o sulle opere, ma su Colui nel quale abbiamo posto la nostra fiducia (cfr 2 Tm 1,12) e per il quale «nulla è impossibile» (Lc 1,37). È questa la speranza che non delude e che permetterà alla vita consacrata di continuare a scrivere una grande storia nel futuro, al quale dobbiamo tenere rivolto lo sguardo, coscienti che è verso di esso che ci spinge lo Spirito Santo per continuare a fare con noi grandi cose.

Non cedete alla tentazione dei numeri e dell’efficienza, meno ancora a quella di confidare nelle proprie forze. Scrutate gli orizzonti della vostra vita e del momento attuale «in vigile veglia». Con Benedetto XVI vi ripeto: «Non unitevi ai profeti di sventura che proclamano la fine o il non senso della vita consacrata nella Chiesa dei nostri giorni; piuttosto rivestitevi di Gesù Cristo e indossate le armi della luce – come esorta san Paolo (cfr Rm 13,11-14) – restando svegli e vigilanti»4. Continuiamo e riprendiamo sempre il nostro cammino con la fiducia nel Signore.

Mi rivolgo soprattutto a voi giovani. Siete il presente perché già vivete attivamente in seno ai vostri Istituti, offrendo un contributo determinante con la freschezza e la generosità della vostra scelta. Nello stesso tempo ne siete il futuro perché presto sarete chiamati a prendere nelle vostre mani la guida dell’animazione, della formazione, del servizio, della missione. Questo Anno vi vedrà protagonisti nel dialogo con la generazione che è davanti a voi. In fraterna comunione potrete arricchirvi della sua esperienza e sapienza, e nello stesso tempo potrete riproporre ad essa l’idealità che ha conosciuto al suo inizio, offrire lo slancio e la freschezza del vostro entusiasmo, così da elaborare insieme modi nuovi di vivere il Vangelo e risposte sempre più adeguate alle esigenze di testimonianza e di annuncio.

Sono contento di sapere che avrete occasioni per radunarvi insieme tra voi giovani di differenti Istituti. Che l’incontro diventi abituale via di comunione, di mutuo sostegno, di unità.


II – Le attese per l’Anno della Vita Consacrata

Che cosa mi attendo in particolare da questo Anno di grazia della vita consacrata?

1. Che sia sempre vero quello che ho detto una volta: «Dove ci sono i religiosi c’è gioia». Siamo chiamati a sperimentare e mostrare che Dio è capace di colmare il nostro cuore e di renderci felici, senza bisogno di cercare altrove la nostra felicità; che l’autentica fraternità vissuta nelle nostre comunità alimenta la nostra gioia; che il nostro dono totale nel servizio della Chiesa, delle famiglie, dei giovani, degli anziani, dei poveri ci realizza come persone e dà pienezza alla nostra vita.

Che tra di noi non si vedano volti tristi, persone scontente e insoddisfatte, perché "una sequela triste è una triste sequela". Anche noi, come tutti gli altri uomini e donne, proviamo difficoltà, notti dello spirito, delusioni, malattie, declino delle forze dovuto alla vecchiaia. Proprio in questo dovremmo trovare la "perfetta letizia", imparare a riconoscere il volto di Cristo che si è fatto in tutto simile a noi e quindi provare la gioia di saperci simili a Lui che, per amore nostro, non ha ricusato di subire la croce.

In una società che ostenta il culto dell’efficienza, del salutismo, del successo e che marginalizza i poveri ed esclude i "perdenti", possiamo testimoniare, attraverso la nostra vita, la verità delle parole della Scrittura: «Quando sono debole, è allora che sono forte» (2 Cor 12,10).

Possiamo ben applicare alla vita consacrata quanto ho scritto nella Esortazione apostolica Evangelii gaudium, citando un’omelia di Benedetto XVI: «La Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione» (n. 14). Sì, la vita consacrata non cresce se organizziamo delle belle campagne vocazionali, ma se le giovani e i giovani che ci incontrano si sentono attratti da noi, se ci vedono uomini e donne felici! Ugualmente la sua efficacia apostolica non dipende dall’efficienza e dalla potenza dei suoi mezzi. È la vostra vita che deve parlare, una vita dalla quale traspare la gioia e la bellezza di vivere il Vangelo e di seguire Cristo.

Ripeto anche a voi quanto ho detto nella scorsa Veglia di Pentecoste ai Movimenti ecclesiali: «Il valore della Chiesa, fondamentalmente, è vivere il Vangelo e dare testimonianza della nostra fede. La Chiesa è sale della terra, è luce del mondo, è chiamata a rendere presente nella società il lievito del Regno di Dio e lo fa prima di tutto con la sua testimonianza, la testimonianza dell’amore fraterno, della solidarietà, della condivisione» (18 maggio 2013).

2. Mi attendo che "svegliate il mondo", perché la nota che caratterizza la vita consacrata è la profezia. Come ho detto ai Superiori Generali «la radicalità evangelica non è solamente dei religiosi: è richiesta a tutti. Ma i religiosi seguono il Signore in maniera speciale, in modo profetico». È questa la priorità che adesso è richiesta: «essere profeti che testimoniano come Gesù ha vissuto su questa terra … Mai un religioso deve rinunciare alla profezia» (29 novembre 2013).

Il profeta riceve da Dio la capacità di scrutare la storia nella quale vive e di interpretare gli avvenimenti: è come una sentinella che veglia durante la notte e sa quando arriva l’aurora (cfr Is 21,11-12). Conosce Dio e conosce gli uomini e le donne suoi fratelli e sorelle. È capace di discernimento e anche di denunciare il male del peccato e le ingiustizie, perché è libero, non deve rispondere ad altri padroni se non a Dio, non ha altri interessi che quelli di Dio. Il profeta sta abitualmente dalla parte dei poveri e degli indifesi, perché sa che Dio stesso è dalla loro parte.

Mi attendo dunque non che teniate vive delle "utopie", ma che sappiate creare "altri luoghi", dove si viva la logica evangelica del dono, della fraternità, dell’accoglienza della diversità, dell’amore reciproco. Monasteri, comunità, centri di spiritualità, cittadelle, scuole, ospedali, case-famiglia e tutti quei luoghi che la carità e la creatività carismatica hanno fatto nascere, e che ancora faranno nascere con ulteriore creatività, devono diventare sempre più il lievito per una società ispirata al Vangelo, la "città sul monte" che dice la verità e la potenza delle parole di Gesù.

A volte, come accadde a Elia e a Giona, può venire la tentazione di fuggire, di sottrarsi al compito di profeta, perché troppo esigente, perché si è stanchi, delusi dai risultati. Ma il profeta sa di non essere mai solo. Anche a noi, come a Geremia, Dio assicura: «Non aver paura … perché io sono con te per proteggerti» (Ger 1,8).

3. I religiosi e le religiose, al pari di tutte le altre persone consacrate, sono stati definiti, come ho appena ricordato, "esperti di comunione". Mi aspetto pertanto che la "spiritualità della comunione", indicata da san Giovanni Paolo II, diventi realtà e che voi siate in prima linea nel cogliere «la grande sfida che ci sta davanti» in questo nuovo millennio: «fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione»5. Sono certo che in questo Anno lavorerete con serietà perché l’ideale di fraternità perseguito dai Fondatori e dalle fondatrici cresca ai più diversi livelli, come a cerchi concentrici.

La comunione si esercita innanzitutto all’interno delle rispettive comunità dell’Istituto. Al riguardo vi invito a rileggere i miei frequenti interventi nei quali non mi stanco di ripetere che critiche, pettegolezzi, invidie, gelosie, antagonismi sono atteggiamenti che non hanno diritto di abitare nelle nostre case. Ma, posta questa premessa, il cammino della carità che si apre davanti a noi è pressoché infinito, perché si tratta di perseguire l’accoglienza e l’attenzione reciproche, di praticare la comunione dei beni materiali e spirituali, la correzione fraterna, il rispetto per le persone più deboli… È «la "mistica" di vivere insieme», che fa della nostra vita «un santo pellegrinaggio»6. Dobbiamo interrogarci anche sul rapporto tra le persone di culture diverse, considerando che le nostre comunità diventano sempre più internazionali. Come consentire ad ognuno di esprimersi, di essere accolto con i suoi doni specifici, di diventare pienamente corresponsabile?

Mi aspetto inoltre che cresca la comunione tra i membri dei diversi Istituti. Non potrebbe essere quest’Anno l’occasione per uscire con maggior coraggio dai confini del proprio Istituto per elaborare insieme, a livello locale e globale, progetti comuni di formazione, di evangelizzazione, di interventi sociali? In questo modo potrà essere offerta più efficacemente una reale testimonianza profetica. La comunione e l’incontro fra differenti carismi e vocazioni è un cammino di speranza. Nessuno costruisce il futuro isolandosi, né solo con le proprie forze, ma riconoscendosi nella verità di una comunione che sempre si apre all’incontro, al dialogo, all’ascolto, all’aiuto reciproco e ci preserva dalla malattia dell’autoreferenzialità.

Nello stesso tempo la vita consacrata è chiamata a perseguire una sincera sinergia tra tutte le vocazioni nella Chiesa, a partire dai presbiteri e dai laici, così da «far crescere la spiritualità della comunione prima di tutto al proprio interno e poi nella stessa comunità ecclesiale e oltre i suoi confini»7.

4. Attendo ancora da voi quello che chiedo a tutti i membri della Chiesa: uscire da sé stessi per andare nelle periferie esistenziali. «Andate in tutto il mondo» fu l’ultima parola che Gesù rivolse ai suoi e che continua a rivolgere oggi a tutti noi (cfr Mc 16,15). C’è un’umanità intera che aspetta: persone che hanno perduto ogni speranza, famiglie in difficoltà, bambini abbandonati, giovani ai quali è precluso ogni futuro, ammalati e vecchi abbandonati, ricchi sazi di beni e con il vuoto nel cuore, uomini e donne in cerca del senso della vita, assetati di divino…

Non ripiegatevi su voi stessi, non lasciatevi asfissiare dalle piccole beghe di casa, non rimanete prigionieri dei vostri problemi. Questi si risolveranno se andrete fuori ad aiutare gli altri a risolvere i loro problemi e ad annunciare la buona novella. Troverete la vita dando la vita, la speranza dando speranza, l’amore amando.

Aspetto da voi gesti concreti di accoglienza dei rifugiati, di vicinanza ai poveri, di creatività nella catechesi, nell’annuncio del Vangelo, nell’iniziazione alla vita di preghiera. Di conseguenza auspico lo snellimento delle strutture, il riutilizzo delle grandi case in favore di opere più rispondenti alle attuali esigenze dell’evangelizzazione e della carità, l’adeguamento delle opere ai nuovi bisogni.

5. Mi aspetto che ogni forma di vita consacrata si interroghi su quello che Dio e l’umanità di oggi domandano.

I monasteri e i gruppi di orientamento contemplativo potrebbero incontrarsi tra di loro, oppure collegarsi nei modi più differenti per scambiarsi le esperienze sulla vita di preghiera, su come crescere nella comunione con tutta la Chiesa, su come sostenere i cristiani perseguitati, su come accogliere e accompagnare quanti sono in ricerca di una vita spirituale più intensa o hanno bisogno di un sostegno morale o materiale.

Lo stesso potranno fare gli Istituti caritativi, dediti all’insegnamento, alla promozione della cultura, quelli che si lanciano nell’annuncio del Vangelo o che svolgono particolari ministeri pastorali, gli Istituti secolari nella loro capillare presenza nelle strutture sociali. La fantasia dello Spirito ha generato modi di vita e opere così diversi che non possiamo facilmente catalogarli o inserirli in schemi prefabbricati. Non mi è quindi possibile riferirmi ad ogni singola forma carismatica. Nessuno tuttavia in questo Anno dovrebbe sottrarsi ad una seria verifica sulla sua presenza nella vita della Chiesa e sul suo modo di rispondere alle continue e nuove domande che si levano attorno a noi, al grido dei poveri.

Soltanto in questa attenzione ai bisogni del mondo e nella docilità agli impulsi dello Spirito, quest’Anno della Vita Consacrata si trasformerà in un autentico kairòs, un tempo di Dio ricco di grazie e di trasformazione.


III – Gli orizzonti dell’Anno della Vita Consacrata

1. Con questa mia lettera, oltre che alle persone consacrate, mi rivolgo ai laici che, con esse, condividono ideali, spirito, missione. Alcuni Istituti religiosi hanno un’antica tradizione al riguardo, altri un’esperienza più recente. Di fatto attorno ad ogni famiglia religiosa, come anche alle Società di vita apostolica e agli stessi Istituti secolari, è presente una famiglia più grande, la "famiglia carismatica", che comprende più Istituti che si riconoscono nel medesimo carisma, e soprattutto cristiani laici che si sentono chiamati, proprio nella loro condizione laicale, a partecipare della stessa realtà carismatica.

Incoraggio anche voi, laici, a vivere quest’Anno della Vita Consacrata come una grazia che può rendervi più consapevoli del dono ricevuto. Celebratelo con tutta la "famiglia", per crescere e rispondere insieme alle chiamate dello Spirito nella società odierna. In alcune occasioni, quando i consacrati di diversi Istituti quest’Anno si incontreranno tra loro, fate in modo di essere presenti anche voi come espressione dell’unico dono di Dio, così da conoscere le esperienze delle altre famiglie carismatiche, degli altri gruppi laicali e di arricchirvi e sostenervi reciprocamente.

2. L’Anno della Vita Consacrata non riguarda soltanto le persone consacrate, ma la Chiesa intera. Mi rivolgo così a tutto il popolo cristiano perché prenda sempre più consapevolezza del dono che è la presenza di tante consacrate e consacrati, eredi di grandi santi che hanno fatto la storia del cristianesimo. Cosa sarebbe la Chiesa senza san Benedetto e san Basilio, senza sant’Agostino e san Bernardo, senza san Francesco e san Domenico, senza sant’Ignazio di Loyola e santa Teresa d’Avila, senza sant’Angela Merici e san Vincenzo de Paoli? L’elenco si farebbe quasi infinito, fino a san Giovanni Bosco, alla beata Teresa di Calcutta. Il beato Paolo VI affermava: «Senza questo segno concreto, la carità che anima l’intera Chiesa rischierebbe di raffreddarsi, il paradosso salvifico del vangelo di smussarsi, il "sale" della fede di diluirsi in un mondo in fase di secolarizzazione» (Evangelica testificatio, 3).

Invito dunque tutte le comunità cristiane a vivere questo Anno anzitutto per ringraziare il Signore e fare memoria grata dei doni ricevuti e che tuttora riceviamo per mezzo della santità dei Fondatori e delle Fondatrici e della fedeltà di tanti consacrati al proprio carisma. Vi invito tutti a stringervi attorno alle persone consacrate, a gioire con loro, a condividere le loro difficoltà, a collaborare con esse, nella misura del possibile, per il perseguimento del loro ministero e della loro opera, che sono poi quelli dell’intera Chiesa. Fate sentire loro l’affetto e il calore di tutto il popolo cristiano.

Benedico il Signore per la felice coincidenza dell'Anno della Vita Consacrata con il Sinodo sulla famiglia. Famiglia e vita consacrata sono vocazioni portatrici di ricchezza e grazia per tutti, spazi di umanizzazione nella costruzione di relazioni vitali, luoghi di evangelizzazione. Ci si può aiutare gli uni gli altri.

3. Con questa mia lettera oso rivolgermi anche alle persone consacrate e ai membri di fraternità e comunità appartenenti a Chiese di tradizione diversa da quella cattolica. Il monachesimo è un patrimonio della Chiesa indivisa, tuttora vivissimo sia nelle Chiese ortodosse che nella Chiesa cattolica. Ad esso, come ad altre successive esperienze del tempo nel quale la Chiesa d’occidente era ancora unita, si ispirano analoghe iniziative sorte nell’ambito delle Comunità ecclesiali della Riforma, le quali hanno poi continuato a generare nel loro seno ulteriori espressioni di comunità fraterne e di servizio.

La Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica ha programmato delle iniziative per fare incontrare i membri appartenenti a esperienze di vita consacrata e fraterna delle diverse Chiese. Incoraggio caldamente questi incontri perché cresca la mutua conoscenza, la stima, la collaborazione reciproca, in modo che l’ecumenismo della vita consacrata sia di aiuto al più ampio cammino verso l’unità tra tutte le Chiese.

4. Non possiamo poi dimenticare che il fenomeno del monachesimo e di altre espressioni di fraternità religiose è presente in tutte le grandi religioni. Non mancano esperienze, anche consolidate, di dialogo inter-monastico tra la Chiesa cattolica e alcune delle grandi tradizioni religiose. Auspico che l’Anno della Vita Consacrata sia l’occasione per valutare il cammino percorso, per sensibilizzare le persone consacrate in questo campo, per chiederci quali ulteriori passi compiere verso una reciproca conoscenza sempre più profonda e per una collaborazione in tanti ambiti comuni del servizio alla vita umana.

Camminare insieme è sempre un arricchimento e può aprire vie nuove a rapporti tra popoli e culture che in questo periodo appaiono irti di difficoltà.

5. Mi rivolgo infine in modo particolare ai miei fratelli nell’episcopato. Sia questo Anno un’opportunità per accogliere cordialmente e con gioia la vita consacrata come un capitale spirituale che contribuisce al bene di tutto il corpo di Cristo (cfr Lumen gentium, 43) e non solo delle famiglie religiose. «La vita consacrata è dono alla Chiesa, nasce nella Chiesa, cresce nella Chiesa, è tutta orientata alla Chiesa»8. Per questo, in quanto dono alla Chiesa, non è una realtà isolata o marginale, ma appartiene intimamente ad essa, sta al cuore stesso della Chiesa come elemento decisivo della sua missione, in quanto esprime l'intima natura della vocazione cristiana e la tensione di tutta la Chiesa Sposa verso l'unione con l'unico Sposo; dunque «appartiene ... irremovibilmente alla sua vita e alla sua santità» (ibid., 44).

In tale contesto, invito voi, Pastori delle Chiese particolari, a una speciale sollecitudine nel promuovere nelle vostre comunità i distinti carismi, sia quelli storici sia i nuovi carismi, sostenendo, animando, aiutando nel discernimento, facendovi vicini con tenerezza e amore alle situazioni di sofferenza e di debolezza nelle quali possano trovarsi alcuni consacrati, e soprattutto illuminando con il vostro insegnamento il popolo di Dio sul valore della vita consacrata così da farne risplendere la bellezza e la santità nella Chiesa.

Affido a Maria, la Vergine dell’ascolto e della contemplazione, prima discepola del suo amato Figlio, questo Anno della Vita Consacrata. A Lei, figlia prediletta del Padre e rivestita di tutti i doni di grazia, guardiamo come modello insuperabile di sequela nell'amore a Dio e nel servizio al prossimo.

Grato fin d’ora con tutti voi per i doni di grazia e di luce con i quali il Signore vorrà arricchirci, tutti vi accompagno con la Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 21 novembre 2014, Festa della Presentazione della Beata Vergine Maria.

FRANCISCUS


1. Lett. ap. Los caminos del Evangelio, ai religiosi e alle religiose dell’America Latina in occasione del V centenario dell’evangelizzazione del nuovo mondo, 29 giugno 1990, 26.

2. Sacra Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari, Religiosi e promozione umana, 12 agosto 1980, 24.

3. Discorso ai rettori e agli alunni dei Pontifici Collegi e Convitti di Roma, 12 maggio 2014.

4. Omelia nella Festa della Presentazione di Gesù al tempio, 2 febbraio 2013.

5. Lett. ap. Novo millennio ineunte, 6 gennaio 2001, 43.

6. Esort. ap. Evangelii gaudium, 24 novembre 2013, 87.

7 Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sin. Vita consecrata, 25 marzo 1996, 51.

8. S.E. Mons. J. M. Bergoglio, Intervento al Sinodo sulla vita consacrata e la sua missione nella Chiesa e nel mondo, XVI Congregazione generale, 13 ottobre 1994.


TORNA SU