Discorso ai partecipanti alla CMIS sul 60º Anniversario di Provida Mater Ecclesia

S.S. Benedetto XVI, 3 febbraio 2007

Cari fratelli e sorelle,

Sono felice di essere oggi tra voi, membri degli Istituti Secolari, che incontro per la prima volta dopo la mia elezione alla Cattedra dell'Apostolo Pietro. Vi saluto tutti con affetto. Saluto il Cardinale Franc Rodé, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, e lo ringrazio per le espressioni di filiale devozione e spirituale vicinanza indirizzatemi anche a vostro nome. Saluto il Cardinale Cottier e il Segretario della vostra Congregazione. Saluto la Presidente della Conferenza Mondiale degli Istituti Secolari, che si è fatta interprete dei sentimenti e delle attese di tutti voi che siete convenuti da diversi Paesi, da tutti i Continenti, per celebrare un Simposio internazionale sulla Costituzione apostolica Provida Mater Ecclesia.

Sono trascorsi, come è già stato detto, 60 anni da quel 2 febbraio 1947, quando il mio Predecessore Pio XII promulgava tale Costituzione apostolica, dando così una configurazione teologico-giuridica ad un'esperienza preparata nei decenni precedenti, e riconoscendo negli Istituti Secolari uno degli innumerevoli doni con cui lo Spirito Santo accompagna il cammino della Chiesa e la rinnova in tutti i secoli. Quell'atto giuridico non rappresentò il punto di arrivo, quanto piuttosto il punto di partenza di un cammino volto a delineare una nuova forma di consacrazione: quella di fedeli laici e presbiteri diocesani, chiamati a vivere con radicalità evangelica proprio quella secolarità in cui essi sono immersi in forza della condizione esistenziale o del ministero pastorale. Siete qui, oggi, per continuare a tracciare quel percorso iniziato sessant'anni fa, che vi vede sempre più appassionati portatori, in Cristo Gesù, del senso del mondo e della storia. La vostra passione nasce dall'aver scoperto la bellezza di Cristo, del suo modo unico di amare, incontrare, guarire la vita, allietarla, confortarla. Ed è questa bellezza che le vostre vite vogliono cantare, perché il vostro essere nel mondo sia segno del vostro essere in Cristo.

A rendere il vostro inserimento nelle vicende umane luogo teologico è, infatti, il mistero dell'Incarnazione ("Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito": Gv 3, 16). L'opera della salvezza si è compiuta non in contrapposizione, ma dentro e attraverso la storia degli uomini. Osserva al riguardo la Lettera agli Ebrei: "Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio" (1, 1-2a). Lo stesso atto redentivo è avvenuto nel contesto del tempo e della storia, e si è connotato come obbedienza al disegno di Dio iscritto nell'opera uscita dalle sue mani. È ancora lo stesso testo della Lettera agli Ebrei, testo ispirato, a rilevare: "Dopo aver detto "Non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato", cose tutte che vengono offerte secondo la legge, soggiunge: "Ecco, io vengo a fare la tua volontà"" (10, 8-9a). Queste parole del Salmo che la Lettera agli Ebrei vede espresse nel dialogo intratrinitario, sono parole del Figlio che dice al Padre: "Ecco io vengo a fare la tua volontà". E così si realizza l'Incarnazione: "Ecco io vengo a fare la tua volontà". Il Signore ci coinvolge nelle sue parole che diventano nostre: ecco io vengo con il Signore, con il Figlio, a fare la tua volontà.

Viene così delineato con chiarezza il cammino della vostra santificazione: l'adesione oblativa al disegno salvifico manifestato nella Parola rivelata, la solidarietà con la storia, la ricerca della volontà del Signore iscritta nelle vicende umane governate dalla sua provvidenza. E nello stesso tempo si individuano i caratteri della missione secolare: la testimonianza delle virtù umane, quali "la giustizia, la pace, la gioia" (Rm 14, 17), la "bella condotta di vita", di cui parla Pietro nella sua Prima Lettera (cfr 2, 12) echeggiando la parola del Maestro: "Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (Mt 5, 16). Fa inoltre parte della missione secolare l'impegno per la costruzione di una società che riconosca nei vari ambiti la dignità della persona e i valori irrinunciabili per la sua piena realizzazione: dalla politica all'economia, dall'educazione all'impegno per la salute pubblica, dalla gestione dei servizi alla ricerca scientifica. Ogni realtà propria e specifica vissuta dal cristiano, il proprio lavoro e i propri concreti interessi, pur conservando la loro relativa consistenza, trovano il loro fine ultimo nell'essere abbracciati dallo stesso scopo per cui il Figlio di Dio è entrato nel mondo. Sentitevi, pertanto, chiamati in causa da ogni dolore, da ogni ingiustizia, così come da ogni ricerca di verità, di bellezza e di bontà, non perché abbiate la soluzione di tutti i problemi, ma perché ogni circostanza in cui l'uomo vive e muore costituisce per voi l'occasione di testimoniare l'opera salvifica di Dio. È questa la vostra missione. La vostra consacrazione evidenzia, da un lato, la particolare grazia che vi viene dallo Spirito per la realizzazione della vocazione, dall'altro, vi impegna ad una totale docilità di mente, di cuore e di volontà al progetto di Dio Padre rivelato in Cristo Gesù, alla cui sequela radicale siete stati chiamati.

Ogni incontro con Cristo chiede un cambiamento profondo di mentalità, ma per alcuni, com'è stato per voi, la richiesta del Signore è particolarmente esigente: lasciare tutto, perché Dio è tutto e sarà tutto nella vostra vita. Non si tratta semplicemente di un diverso modo di rapportarvi a Cristo e di esprimere la vostra adesione a Lui, ma di una scelta di Dio che, in modo stabile, richiede da voi una fiducia assolutamente totale in Lui. Conformare la propria vita a quella di Cristo entrando in queste parole, conformare la propria vita a quella di Cristo attraverso la pratica dei consigli evangelici, è una nota fondamentale e vincolante che, nella sua specificità, richiede impegni e gesti concreti, da "alpinisti dello spirito", come ebbe a chiamarvi il venerato Papa Paolo VI (Discorso ai partecipanti al I Convegno Internazionale degli Istituti Secolari: Insegnamenti, VIII, 1970, p. 939).

Il carattere secolare della vostra consacrazione evidenzia da un lato i mezzi con cui vi adoperate per realizzarla, cioè quelli propri di ogni uomo e donna che vivono in condizioni ordinarie nel mondo, e dall'altro la forma del suo sviluppo, quella cioè di una relazione profonda con i segni del tempo che siete chiamati a discernere, personalmente e comunitariamente, alla luce del Vangelo. Più volte è stato autorevolmente individuato proprio in questo discernimento il vostro carisma, perché possiate essere laboratorio di dialogo con il mondo, quel "laboratorio sperimentale nel quale la Chiesa verifica le modalità concrete dei suoi rapporti con il mondo" (Paolo VI, Discorso ai Responsabili generali degli Istituti Secolari: Insegnamenti, XIV, 1976, p. 676). Proprio di qui deriva la persistente attualità del vostro carisma, perché questo discernimento deve avvenire non dal di fuori della realtà, ma dall'interno, attraverso un pieno coinvolgimento. Ciò avviene per mezzo delle relazioni feriali che potete tessere nei rapporti familiari e sociali, nell'attività professionale, nel tessuto delle comunità civile ed ecclesiale. L'incontro con Cristo, il porsi alla sua sequela spalanca e urge all'incontro con chiunque, perché se Dio si realizza solo nella comunione trinitaria, anche l'uomo solo nella comunione troverà la sua pienezza.

A voi non è chiesto di istituire particolari forme di vita, di impegno apostolico, di interventi sociali, se non quelli che possono nascere nelle relazioni personali, fonti di ricchezza profetica. Come il lievito che fa fermentare tutta la farina (cfr Mt 13, 33), così sia la vostra vita, a volte silenziosa e nascosta, ma sempre propositiva e incoraggiante, capace di generare speranza. Il luogo del vostro apostolato è perciò tutto l'umano, non solo dentro la comunità cristiana - dove la relazione si sostanzia di ascolto della Parola e di vita sacramentale, da cui attingete per sostenere l'identità battesimale - dico il luogo del vostro apostolato è tutto l'umano, sia dentro la comunità cristiana, sia nella comunità civile dove la relazione si attua nella ricerca del bene comune, nel dialogo con tutti, chiamati a testimoniare quell'antropologia cristiana che costituisce proposta di senso in una società disorientata e confusa dal clima multiculturale e multireligioso che la connota.

Venite da diversi Paesi, diverse sono le situazioni culturali, politiche ed anche religiose in cui vivete, lavorate, invecchiate. In tutte siate cercatori della Verità, dell'umana rivelazione di Dio nella vita. È, lo sappiamo, una strada lunga, il cui presente è inquieto, ma il cui esito è sicuro. Annunciate la bellezza di Dio e della sua creazione. Sull'esempio di Cristo, siate obbedienti all'amore, uomini e donne di mitezza e misericordia, capaci di percorrere le strade del mondo facendo solo del bene. Le vostre siano vite che pongono al centro le Beatitudini, contraddicendo la logica umana, per esprimere un'incondizionata fiducia in Dio che vuole l'uomo felice. La Chiesa ha bisogno anche di voi per dare completezza alla sua missione. Siate seme di santità gettato a piene mani nei solchi della storia. Radicati nell'azione gratuita ed efficace con cui lo Spirito del Signore sta guidando le vicende umane, possiate dare frutti di fede genuina, scrivendo con la vostra vita e con la vostra testimonianza parabole di speranza, scrivendole con le opere suggerite dalla "fantasia della carità" (Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte, 50).

Con questi auspici, assicurandovi la mia costante preghiera, vi imparto a sostegno delle vostre iniziative di apostolato e di carità una speciale Benedizione Apostolica.

S. S. BENEDETTO XVI, 3 DE FEBBRAIO 2007

Segreteria di Stato

Dal Vaticano, 18.07.2012

+Tarcisio Card. Bertone
Segretario di stato

Gentile Signorina,

mi è grato inviare ai membri degli Istituti secolari il presente Messaggio del Santo Padre, in occasione del Congresso che si celebra ad Assisi e che è stato organizzato dalla Conferenza Mondiale degli Istituti Secolari per trattare il tema In ascolto di Dio ‘nei solchi della storia’: la secolarità parla alla consacrazione.

Tale importante tematica pone l’accento sulla vostra identità di consacrati che, vivendo nel mondo la libertà interiore e la pienezza dell’amore che derivano dai consigli evangelici, vi vede uomini e donne capaci di uno sguardo profondo e di buona testimonianza dentro la storia. Il nostro tempo pone alla vita e alla fede interrogativi profondi, ma anche manifesta il mistero della nuzialità di Dio. Infatti, il Verbo che si è fatto carne celebra le nozze di Dio con l’umanità di ogni epoca. Il mistero nascosto da secoli nella mente del Creatore dell’universo (cfr. Ef 3,9) e manifestatosi con l’Incarnazione, è proiettato verso il compimento futuro, ma già innestato nell’oggi, come forza redentrice e unificante.

Dentro l’umanità in cammino, animati dallo Spirito Santo, potete cogliere i segni discreti e a volte nascosti che indicano la presenza di Dio. Solo in forza della grazia che è dono dello Spirito potete scorgere nei sentieri spesso tortuosi della vicende umane l’orientamento verso la pienezza della vita sovrabbondante. Un dinamismo che rappresenta, al di là delle apparenze, il senso vero della storia secondo il disegno di Dio. La vostra vocazione è di stare nel mondo assumendone tutti i pesi e gli aneliti, con uno sguardo umano che coincida sempre più con quello divino, da cui sgorga un impegno originale, peculiare, fondato sulla consapevolezza che Dio scrive la sua storia di salvezza sulla trama delle vicende della nostra storia.

In questo senso, la vostra identità dice anche un aspetto importante della vostra missione nella Chiesa: aiutarla cioè a realizzare il suo essere nel mondo, alla luce delle parole del Concilio Vaticano II: “Nessuna ambizione terrena spinge la Chiesa; essa mira a questo solo: continuare, sotto la guida dello Spirito consolatore, l’opera stessa di Cristo, il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito (Gaudium et Spes, 3). La teologia della storia è parte essenziale della nuova evangelizzazione, perché gli uomini del nostro tempo hanno bisogno di ritrovare uno sguardo complessivo sul mondo e sul tempo, uno sguardo veramente libero e pacifico (cfr. Benedetto XVI, Omelia nella S. Messa per la nuova evangelizzazione, 16 ottobre 2011). È sempre il Concilio a ricordarci come la relazione tra Chiesa e mondo vada vissuta nel segno della reciprocità, per cui non è solo la Chiesa a dare al mondo, contribuendo a rendere più umana la famiglia degli uomini e la sua storia, ma è anche il modo a dare alla Chiesa, così che essa possa meglio comprendere se stessa e meglio vivere la sua missione (cfr. Gaudium ed Spes, 40-45).

I lavori che vi accingete a svolgere si soffermano poi sullo specifico della consacrazione secolare alla ricerca di come la secolarità parli alla consacrazione, di come nelle vostre vite i tratti caratteristici di Gesù – vergine, povero ed obbediente – acquistino una tipica e permanente “visibilità” in mezzo al mondo (cfr. Esort. Ap. Vita Consecrata, 1). Sua Santità desidera indicare tre ambiti su cui puntare la vostra attenzione.

In primo luogo, la donazione totale della vostra vita come risposta a un incontro personale e vitale con l’amore di Dio. Voi che avete scoperto che Dio è tutto per voi, avete deciso di dare tutto a Dio e di farlo in un modo peculiare: restando laici tra i laici, presbiteri tra i presbiteri. Ciò richiede una particolare vigilanza perché i vostri stili di vita manifestino la ricchezza, la bellezza e la radicalità dei consigli evangelici.

In secondo luogo, la vita spirituale. Punto fermo e irrinunciabile, riferimento certo per alimentare quel desiderio di fare unità in Cristo che è tensione di tutta l’esistenza di ogni cristiano e tanto più di chi risponde a una chiamata totale di dono di sé. Misura della profondità della vostra vita spirituale non sono le tante attività, che pure richiedono il vostro impegno, ma piuttosto la capacità di cercare Dio nel cuore di ogni avvenimento e di riportare a Cristo ogni cosa. È il “ricapitolare” in Cristo tutte le cose, di cui parla l’apostolo Paolo (cfr. Ef 1,10). Solo in Cristo, Signore della storia, tutta la storia e tutte le storie trovano senso e unità.

Nella preghiera, dunque, e nell’ascolto della Parola di Dio si alimenti quest’anelito. Nella celebrazione eucaristica ritrovate la radice del farvi pane d’Amore spezzato per gli uomini. Nella contemplazione, nello sguardo di fede illuminato dalla grazia, si radichi l’impegno a condividere con ogni uomo e ogni donna le domande profonde che abitano ciascuno, per costruire speranza e fiducia.

In terzo luogo, la formazione, che non trascura nessuna età anagrafica, perché si tratta di vivere la propria vita in pienezza educandosi a quella saggezza che è consapevole sempre della creaturalità umana e dalla grandezza del Creatore. Ricercate contenuti e modalità di una formazione che vi renda laici e presbiteri capaci di lasciarsi interrogare dalle complessità che il mondo oggi attraversa, di restare aperti alle sollecitazioni provenienti dalla relazione con i fratelli che incontrate sulle vostre strade, di impegnarvi in un discernimento della storia alla luce della Parola di Vita. Siate disponibili a costruire, insieme a tutti i cercatori della verità, percorsi di bene comune, senza soluzioni preconfezionate e senza paura delle domande che restano tali, ma pronti sempre a mettere in gioco la vostra vita, nella certezza che il chicco di grano, caduto nella terra, se muore porta molto frutto (cfr. Gv 12,24). Siate creativi, perché lo Spirito costruisce novità; alimentate sguardi capaci di futuro e radici salde in Cristo Signore, per saper dire anche al nostro tempo l’esperienza d’amore che sta a fondamento della vita di ogni uomo. Abbracciate con carità le ferite del mondo e della Chiesa. Soprattutto vivete una vita gioiosa e piena, accogliente e capace di perdono, perché fondata su Gesù Cristo, Parola definitiva di Amore di Dio per l’uomo.

Mentre vi indirizza queste riflessioni, il Sommo Pontefice assicura per il vostro Congresso e la vostra Assemblea un particolare ricordo nella preghiera, invocando l’intercessione della Beata Vergine Maria, che ha vissuto nel mondo la perfetta consacrazione a Dio in Cristo, e di cuore invia a Lei e a tutti i partecipanti l’implorata Benedizione Apostolica.

Nell’unire anche personalmente ogni miglior auspicio, Profitto della circostanza per confermarmi con sensi di distinta stima.


N. CMIS: Il testo originale è in italiano.

CMIS – CONFERENCE MONDIALE DES INSTITUTS SECULIERS
CONGRESSO E ASSEMBLEA GENERALE
ASSISI – 23-28 luglio 2012
(Domus Pacis – Santa Maria degli Angeli, Assisi – Italia)

In ascolto di Dios "Nei solchi della storia": la secolaritá parla alla consacrazione

GLI ISTITUTI SECOLARI E LA COMUNIONE ECCLESIALE

Joao Braz Cardinale DE AVIZ
Prefetto della CIVCSVA

Carissime Consacrate laiche e Consacrati laici e sacerdoti degli Istituti secolari,

sono felice di essere qui tra voi all’inizio di queste giornate così dense di attese. Giornate che vi vedono impegnati prima nel Congresso, un luogo di ascolto, di confronto e di elaborazione e poi nell’Assemblea. Un appuntamento particolarmente importante quest’anno, nel quale approverete i nuovi Statuti. Il mio augurio a questo proposito è che affondare lo sguardo nelle norme che regolano il vostro percorso comune per delinearne le forme, vi aiuti a vivere in pienezza la comunione, non per annullare le differenze, ma per camminare insieme, ciascuno con il proprio passo, dentro lo stesso solco: quello della secolarità consacrata. Solo a questo prezzo, perché certo si tratta di un percorso complesso, potranno nascere frutti di bene.

La mia presenza è espressione di quella comunione che lega la Conferenza mondiale degli Istituti secolari al Santo Padre attraverso la Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica. Si tratta di quel Sentire cum Ecclesia al quale l’Esortazione Apostolica Vita Consecrata ha dedicato il numero 46 del quale rileggo con voi le prime parole: “Un grande compito è affidato alla vita consacrata anche alla luce della dottrina sulla Chiesa-comunione, con tanto vigore proposta dal Concilio Vaticano II. Alle persone consacrate si chiede di essere davvero esperte di comunione e di praticarne la spiritualità, come «testimoni e artefici di quel “progetto di comunione” che sta al vertice della storia dell'uomo secondo Dio». Il senso della comunione ecclesiale, sviluppandosi in spiritualità di comunione, promuove un modo di pensare, parlare ed agire che fa crescere in profondità e in estensione la Chiesa. La vita di comunione, infatti, «diventa un segno per il mondo e una forza attrattiva che conduce a credere in Cristo [...]. In tal modo la comunione si apre alla missione, si fa essa stessa missione», anzi «la comunione genera comunione e si configura essenzialmente come comunione missionaria».

Riprendo qui le parole del Santo Padre Benedetto XVI rivolte alla Signorina Ewa Kusz, presidente del Consiglio esecutivo, inviate attraverso il Secretario di Stato +Tarcisio Cardinale Bertone, appena lette:
“I lavori che vi accingete a svolgere si soffermano poi sullo specifico della consacrazione secolare, alla ricerca di come la secolarità parli alla consacrazione, di come nelle vostre vite i tratti caratteristici di Gesù – vergine, povero ed obbediente – acquistino una tipica e permanente “visibilità” in mezzo al mondo (cfr Esort. ap. Vita consacrata, 1). Sua Santità desidera indicare tre ambiti su cui puntare la vostra attenzione.

In primo luogo, la donazione totale della vostra vita come risposta a un incontro personale e vitale con l’amore di Dio. Voi che avete scoperto che Dio è tutto per voi, avete deciso di dare tutto a Dio e di farlo in un modo peculiare: restando laici tra i laici, presbiteri tra i presbiteri. Ciò richiede una particolare vigilanza perché i vostri stili di vita manifestino la ricchezza, la bellezza e la radicalità dei consigli evangelici.

In secondo luogo, la vita spirituale. Punto fermo e irrinunciabile, riferimento certo per alimentare quel desiderio di fare unità in Cristo che è tensione di tutta l’esistenza di ogni cristiano e tanto più di chi risponde a una chiamata totale di dono di sé. Misura della profondità della vostra vita spirituale non sono le tante attività, che pure richiedono il vostro impegno, ma piuttosto la capacità di cercare Dio nel cuore di ogni avvenimento e di riportare a Cristo ogni cosa. E’ il “ricapitolare” in Cristo tutte le cose, di cui parla l’apostolo Paolo (cfr Ef 1,10). Solo in Cristo, Signore della storia, tutta la storia e tutte le storie trovano senso e unità.

Nella preghiera, dunque, e nell’ascolto della Parola di Dio si alimenti quest’anelito. Nella celebrazione eucaristica ritrovate le radici del farvi pane d’Amore spezzato per gli uomini. Nella contemplazione, nello sguardo di fede illuminato dalla grazia, si radichi l’impegno a condividere con ogni uomo e ogni donna le domande profonde che abitano ciascuno, per costruire speranza e fiducia.

In terzo luogo, la formazione, che non trascura nessuna età anagrafica, perché si tratta di vivere la propria vita in pienezza educandosi a quella saggezza che è consapevole sempre della creaturalità umana e dalla grandezza del Creatore. Ricercate contenuti e modalità di una formazione che vi renda laici e presbiteri capaci di lasciarsi interrogare dalla complessità che il mondo oggi attraversa, di restare aperti alle sollecitazioni provenienti dalla relazione con i fratelli che incontrate sulle vostre strade, di impegnarvi in un discernimento della storia alla luce della Parola di Vita. Siate disponibili a costruire, insieme a tutti i cercatori della verità, percorsi di bene comune, senza soluzioni preconfezionate e senza paura delle domande che restano tali, ma pronti sempre a mettere in gioco la vostra vita, nella certezza che il chicco di grano, caduto nella terra, se muore porta molto frutto (cfr Gv 12,24). Siate creativi, perché lo Spirito costruisce novità; alimentate sguardi capaci di futuro e radici salde in Cristo Signore, per saper dire anche al nostro tempo l’esperienza d’amore che sta a fondamento della vita di ogni uomo. Abbracciate con carità le ferite del mondo e della Chiesa. Soprattutto vivete una vita gioiosa e piena, accogliente e capace di perdono, perché fondata su Gesù Cristo, Parola definitiva di Amore per l’uomo” (Segreteria di Stato, Lettera del 18.09.2012, n. 201.643).

E’ proprio sulla comunione ecclesiale che vorrei soffermarmi oggi con voi. Non per togliere importanza alla specifica tematica del vostro Congresso, sulla quale avrete modo di riflettere in questi giorni, ma quasi come contesto, come orizzonte di senso, in cui inserire le vostre riflessioni.

La vostra vocazione non ha significato se non partendo dal suo radicamento nella Chiesa, perché la vostra missione è missione della Chiesa. Nella preghiera sacerdotale contenuta nel Vangelo di Giovanni, l’intensità della relazione tra Padre e Figlio fa tutt’uno con la forza della missione d’amore. È realizzando questa comunione di amore che la Chiesa diventa segno e strumento capace di creare comunione con Dio e fra gli uomini (cf Lumen Gentium 1).

Per questo già Paolo VI vi esortava: “Non vi lasciate mai sorprendere, neppure sfiorare dalla tentazione oggi troppo facile, che sia possibile un'autentica comunione con Cristo senza una reale armonia con la comunità ecclesiale retta dai legittimi pastori. Sarebbe ingannevole e illusorio. Che cosa potrebbe contare un singolo o un gruppo, pur nelle intenzioni soggettivamente più alte e perfette, senza questa comunione? Cristo ce l'ha chiesta come garanzia per ammetterci alla comunione con Lui, allo stesso modo che ci ha chiesto di amare il prossimo come documentazione del nostro amore per Lui” (Paolo VI, Allocuzione ‘Ancora una volta’ ai Superiori degli Istituti Secolari, 20 settembre 1972).

E ancor più accoratamente Benedetto XVI vi ripeteva: “La Chiesa ha bisogno anche di voi per dare completezza alla sua missione …Siate seme di santità gettato a piene mani nei solchi della storia”. Non c’é comunione che non apra continuamente alla missione, né missione che non germogli dalla comunione. I due aspetti toccano il cuore vivo e palpitante di tutta la Chiesa, permettendole una nuova lettura della realtà, una ricerca di significato e magari anche di soluzioni che vogliono essere risposta certo parziale ma di un cuore sempre più autenticamente evangelico.

Un’altra considerazione mi spinge nella scelta di questo tema ed è la seguente: una delle prime preoccupazioni che mi sono state presentate come Prefetto negli incontri con gli Istituti secolari è stata “nella Chiesa siamo poco conosciuti o conosciuti male”.

Il legame profondo che c’è tra conoscenza e comunione mi sembra fondamentale in un duplice senso. Solo attraverso la conoscenza, che significa ascolto, attenzione, sintonia di cuore, può nascere la comunione che a sua volta, proprio perché va alla radice dell’essenziale e dilata la capacità di incontro, genera autentica conoscenza.

Ecco perché, omettendo ora il pensare alla comunione all’interno di ogni Istituto (argomento che meriterebbe una riflessione a parte) mi soffermo su alcuni spunti riferiti alla comunione ecclesiale. Lo faccio partendo da quel Documento che la Sacra Congregazione dei Religiosi e gli Istituti Secolari inviò alle Conferenze Episcopali dopo la riunione Plenaria tenutasi nel mese di maggio del 1983.

Ripercorrendo le origini di questa vocazione ho potuto constatare come da subito, nella nuova forma riconosciuta giuridicamente con la Costituzione Apostolica Provida Mater, sono confluite realtà profondamente diverse tra loro, soprattutto a motivo della differente finalità apostolica. Sono stati proprio i Convegni organizzati da quella che sarebbe diventata poi la Conferenza Mondiale degli Istituti secolari che hanno permesso una conoscenza vicendevole – leggo nel suddetto documento – che ha portato gli Istituti ad accettare la diversità (il cosiddetto pluralismo), ma con l’esigenza di chiarire i limiti di questa stessa diversità ( Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari, Gli Istituti secolari: la loro identità e la loro missione, 3-6 maggio 1983 n. 4).

Mi sembra questo un punto fondamentale. Quest’opera di accoglienza reciproca credo sia ancora in atto e non bisogna perdere di vista l’importanza di mantenere desta la tensione ad approfondire questo percorso. Come anche continua il cammino di comprensione di quelli che il documento, lo abbiamo appena sentito, definisce i limiti di questa diversità. Limiti, o anche confini, che hanno radice tanto nell’essenza dello Spirito che sempre rinnova la terra con doni nuovi, quanto nel momento che la Chiesa sta vivendo. E’ un contesto quello attuale nel quale, nella prospettiva anche dell’Anno della Fede voluto da Benedetto XVI nei 50 anni del Concilio Vaticano II, popolo di Dio, consacrati, presbiteri, ma anche pastoralisti, canonisti, tutti sono chiamati a collaborare per costruire insieme percorsi nuovi di evangelizzazione e di compagnia all’uomo del nostro tempo.

Comprendete bene che un simile discernimento richiede da voi un atteggiamento fondamentale: quello di non avere la pretesa di conoscere la vera (e quindi unica) identità di un Istituto secolare. Occorre invece una disponibilità di fondo che vi permetta di scoprire come l’altro declini, nella propria spiritualità, con la propria missione e modalità di vita, la sintesi tra consacrazione e secolarità; come nei diversi ambiti sociali culturali ed ecclesiali sia possibile manifestare, pur se in modo differente, l’originalità e l’unicità della vostra vocazione.

Solo attraverso questa dinamica di ascolto e accoglienza, che richiede un sapiente discernimento, vi troverete tutti più ricchi perché potrete sperimentare la grandezza di Dio, che, per manifestare il suo grande amore al mondo, non si fa chiudere nei nostri piccoli percorsi, ma sa suscitare risposte che a noi possono sembrare anche stravaganti, ma che certo hanno qualcosa da dire e da dare alla vita di ciascuno. Partendo dunque da quello che vi accomuna potrete confrontarvi non solo sulle diversità, ma anche sulle sfide sempre nuove che il mondo pone in modo particolare a voi, chiamati a spendere la vostra vita in una “terra di confine”. Di fronte a problematiche nuove siete sollecitati a cercare nuovi percorsi che dicono l’attualità della vostra missione, sempre pronti a rimetterli in discussione, nel confronto, quando i tempi e i luoghi richiedono nuove elaborazioni.

Mi viene da pensare a una delle domande che mi sono state rivolte nel mio incontro con la Conferenza Polacca degli Istituti Secolari che si è tenuto nel mese di novembre del 2011. Mi è stata chiesta una riflessione circa la necessità che il membro di un istituto secolare mantenga la discrezione sulla propria vocazione. Più che una risposta è seguito un invito ai singoli Istituti a confrontarsi, al loro interno e tra loro, sulle motivazioni di una simile discrezione, a chiedersi: “Perché se ne è sentito il bisogno? Cosa vuol dire alla Chiesa e al Mondo?”. Le risposte possono essere diverse per ogni istituto, per ogni nazione e per ogni epoca storica, ma per verificare l’attualità e l’efficacia di uno strumento occorre partire sempre dal fondamento, dal valore che vuole realizzare ed esprimere.

Ecco questo credo sia un possibile metodo per attivare quella conoscenza che può portare alla comunione e che scaturisce dalla comunione.

Dunque, ascoltarsi reciprocamente, senza precomprensioni, sia all’interno dei singoli istituti che nei luoghi propri di confronto, per raggiungere una meta che, lo sapete benissimo, è solo una tappa nel cammino dello Spirito!

Sappiate che in quest’opera non siete soli: la Chiesa, attraverso la parole dei Pontefici e il servizio della Congregazione che rappresento, vi accompagna.

E qui vi propongo un altro aspetto che è quello di una comunione con la Chiesa locale. Anche qui riprendo le parole del Beato Giovanni Paolo II a conclusione della Plenaria sopra citata: “Se ci sarà uno sviluppo e un rafforzamento degli Istituti Secolari, anche le Chiese locali ne trarranno vantaggio”.

Segue un duplice invito rivolto agli Istituti e ai Pastori: Pur nel rispetto delle loro caratteristiche, gli Istituti Secolari devono comprendere e assumere le urgenze pastorali delle Chiese particolari, e confermare i loro membri a vivere con attenta partecipazione le speranze e le fatiche, i progetti e le inquietudini, le ricchezze spirituali e i limiti, in una parola: la comunione della loro Chiesa concreta.

E ancora, deve essere una sollecitudine dei Pastori riconoscere e richiedere il loro apporto secondo la natura loro propria. In particolare, incombe ai Pastori un’altra responsabilità: quella di offrire agli Istituti Secolari tutta la ricchezza dottrinale, di cui hanno bisogno. Essi vogliono far parte del mondo e nobilitare le realtà temporali ordinandole ed elevandole perché tutto tenda a Cristo come a un capo (cfr. Ef l, l0). Perciò, si dia a questi Istituti tutta la ricchezza della dottrina cattolica sulla creazione, l'incarnazione e la redenzione, affinché possano fare propri i disegni sapienti e misteriosi di Dio sull'uomo, sulla storia e sul mondo.

Oggi la domanda di verifica è d’obbligo: a che punto è questo percorso?

Naturalmente in questo luogo mi rivolgo a voi, sollecitando una riflessione sul cammino fatto da parte vostra. Ma è una domanda rivolta anche ai Pastori invitati a favorire tra i fedeli una comprensione non approssimativa o accomodante, ma esatta e rispettosa delle caratteristiche qualificanti …di questa difficile, ma bella vocazione. (sono sempre parole rivolte dal Beato Giovanni Paolo II alla Plenaria)

La comunione di cui parliamo, non lo dimentichiamo mai, è un dono dello Spirito Santo, crea unità nell’amore e nella reciproca accettazione delle diversità. Prima di traduzioni concrete a livello comunicativo e strutturale, essa richiede un cammino spirituale senza il quale – ribadiva chiaramente il Beato Giovanni Paolo II – non ci facciamo illusioni, a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz'anima, maschere di comunione più che sue vie di espressione e di crescita. (Novo millennio ineunte, n. 43).

Ciascuno di voi si senta interpellato, come singolo, come Istituto e come Conferenza, a individuare strumenti e modalità che possano far sì che l’ideale di una piena comunione ecclesiale prospettata in tanti documenti della Chiesa, diventi comunione reale dentro la storia.

Anche qui prioritario è un atteggiamento di fondo: non cedete mai alla tentazione della rinuncia. A volte può accadere che i vostri tentativi non portino frutto e il cammino non proceda: anche in questo caso, non abbandonate la meta! Non fermatevi dinanzi agli insuccessi, ma da questi traete nuova forza per attivare la creatività; sappiate passare dal risentimento alla disponibilità, dalla diffidenza all'accoglienza. Portate le ferite alla comunione ecclesiale nella preghiera, leggete con verità le vostre responsabilità, non lasciate nulla d'intentato e nel discernimento riprendete il faticoso cammino verso la comunione.

Nel mese di marzo di quest’anno in Congregazione abbiamo avuto un incontro tra i Superiori e il Consiglio della CMIS nel quale il Consiglio ha presentato alcuni argomenti da affrontare insieme riguardanti tre tematiche così suddivise: La conoscenza reciproca; I Criteri di discernimento dell’identità degli Istituti secolari; Il ruolo della CMIS.

Come Dicastero abbiamo accolto molto volentieri la proposta indicando una possibile modalità di attuazione: che sia questa Assemblea a individuare il primo aspetto su cui avviare una riflessione comune; ad indicare gli interlocutori con il Dicastero, e soprattutto a stabilire in quale modalità tutti gli Istituti possano partecipare alla riflessione. Un esempio di comunione ecclesiale che stiamo costruendo!

Rivolgo infine a tutti voi un ulteriore invito: siate promotori di comunione con le altre espressioni di vita consacrata e le altre realtà ecclesiali che condividono con voi alcuni aspetti della vostra identità o missione. Penso alle altre forme di vita consacrata con le quali siete accomunati dalla consacrazione per la professione dei consigli evangelici in senso canonico. Penso a quelle associazioni e ai movimenti con i quali siete accomunati per una presenza evangelica nel mondo, pur conservando una missione e uno stile di vita profondamente differenti. E’ una proposta che potrebbe sembrarvi audace, ma che è suggerita dalla vostra stessa vocazione che vi porta a sperimentare già all’interno degli Istituti la ricchezza della diversità, e che fa del vostro vivere un laboratorio di dialogo.

Disponetevi a conoscere queste realtà e soprattutto a lasciarvi conoscere da esse: non avete nulla da cui difendervi, avete solo da mostrare la bellezza della vostra vocazione che insieme a quelle di tanti altri fratelli e sorelle, è espressione della ricchezza e della vivacità del’Amore trinitario. Quell’Amore sorprendete e creativo, che supera la nostra capacità di immaginazione, e che fa della Chiesa un magnifico giardino dove la moltitudine di fiori e piante consente a ogni uomo di trovare e di sperimentare, nella varietà dei profumi e dei colori, la profondità e la gioia di una vita piena e buona.

NB.: Ringrazio la collaborazione della Dottoressa Daniela Leggio, officiale della CICSVA per la ricerca elaborata intorno ai documenti sugli Istituti secolari.


N. CMIS: Il testo originale è in italiano

TORNA SU